La carne di manzo, quella dell’hamburger, è la meno sostenibile tra quelle che finisce nel piatto. Cosa significa? Che per produrre un chilo di questa proteina occorrono più risorse – di suolo, di cibo per nutrire gli animali e di acqua per dissetarli, di emissioni in gas serra prodotte dai loro stomaci e dalla fermentazione del loro letame – che per ogni altra proteina animale. Quando prodotta in modo intensivo, questo genere di sovrasfruttamento si acuisce, per le caratteristiche intrinseche del sistema industriale. “Indovina chi viene a cena”, in onda domani sera alle 21,05 su Raitre, parla di questo. Siamo troppi, mangiamo troppo, e troppa carne. Un hamburger alternativo ci salverà? A questa domanda cerca di rispondere “Carnaio”, la quarta puntata della serie di inchieste sull’alimentazione di Sabrina Giannini (autrice storica di inchieste per Report), che mostrerà non uno ma due sistemi rivoluzionari alternativi alla produzione di carne tradizionale. Il primo è stato realizzato in Olanda con cellule staminali e potrà garantire con una sola cellula di bovino 80 mila hamburger. Una soluzione per ridurre fame nel mondo, impatto ambientale, consumo di acqua, emissioni di gas serra, nonostante venga omesso e non affrontato dalla politica. Tra quattro anni sarà nei supermercati di tutto il mondo dopo uno studio di oltre dieci anni finanziato dal governo olandese. Il secondo è un hamburger vegetale che ha ricevuto 150 milioni di euro (in parte da Bill Gates, l’uomo più ricco del mondo) e che nonostante l’origine vegetale, sembra un hamburger di carne. Il lancio nei ristoranti americani è di questi giorni, e schiaccia l’occhio al mercato dei vegetariani e vegani, in crescita in tutto il mondo e anche in Italia accredidato intorno all’8% della popolazione. Della questione dell’innalzamento della temperatura legato alle emissioni degli allevamenti abbiamo scritto qui e qui, quando alla Cop21 di Parigi 2015 la questione rimase fuori dalla porta, sebbene accreditata da stime, come quella Fao, del 14,5% del totale dei gas serra globalmente prodotti. E non ne mancano di più pessimistiche.
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