La Corte di giustizia Ue dice no ai cosmetici testati sugli animali, plaudono gli animalisti

No ai cosmetici testati sugli animali. La corte Ue ha stabilito che non ci possono essere eccezioni a questo divieto, che si applica ai produttori di tutta l’Unione. Il caso è stato sollevato in Gran Bretagna, dopo che tre società hanno tentato di mettere sul mercato cosmetici sviluppati per essere venduti in Cina e in Giappone e testati su animali fuori dall’Unione europea. La Corte di giustizia Ue ha stabilito che le norme europee vietano qualunque prodotto cosmetico che contenga ingredienti testati su animali in qualunque parte del mondo. Plaudono gli animalisti, con Carla Rocchi presidente della Protezione animali che sottolinea l’ironia della sorte: “Il caso scoppia proprio in Gb, che dopo la Brexit rischia un pericoloso dietrofront” sulla tutela degli animali, “un rischio già denunciato da Enpa”. Nel merito della sentenza, “la Corte stipula che le norme Ue non fanno distinzioni sul luogo nel quale sono stati svolti i test sugli animali” si legge in una nota della Corte che ha sede a Lussemburgo. La norma mira a promuovere metodi alternativi per verificare la sicurezza per i consumatori e questo obiettivo “sarebbe gravemente compromesso se i divieti… potessero essere aggirati svolgendo i test sugli animali in Paesi terzi” spiega la Corte. La European Federation for Cosmetic Ingredients (EFCI), che ha presentato il ricorso, sosteneva che le società non violavano la legge dato che i test erano stati svolti nel rispetto della legislazione di altri Paesi. Di seguito le reazioni delle principali associazioni animaliste.
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ENPA
“La sentenza ha il grandissimo pregio di chiarire, una volta per tutte, che la normativa europea in materia non si presta ad essere stiracchiata in funzione degli interessi economici di questo o quel produttore”, dice la presidente nazionale di Enpa, Carla Rocchi. “Il divieto di testare ingredienti cosmetici sugli animali è, dunque, un divieto perentorio e non può essere aggirato con il pretesto che tali esperimenti vengano condotti perché richiesti dalla normative di mercato di Paesi Terzi. Ciò che è lecito a Pechino o Tokyo, non lo è a Bruxelles”.
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VERDI
“La sentenza della Corte di giustizia Ue è un nuovo messaggio forte a favore di una scienza più etica. Le sperimentazioni sugli animali sono una pratica di un’altra epoca a cui l’Ue, il più grande mercato al mondo per i cosmetici e le cure, ha messo fine come altri Paesi nel mondo”, così l’europarlamentare dei Verdi-Ale Pascal Durand in una nota. “Per gli ecologisti europei – aggiunge – un divieto mondiale di tali esperimenti è la migliore assicurazione che gli industriali rispettino la volontà dei cittadini e dei consumatori”.
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LAV
“È una vittoria dell’Europa che ci piace, quella che ha riaffermato il No ai test cosmetici sugli animali e il divieto di importare nei Paesi Ue cosmetici testati su animali in mercati stranieri”, dice il presidente della Lav Gianluca Felicetti. La sentenza, aggiunge, “è anche una vittoria per la validità della ricerca scientifica senza animali. Questo rafforza l’azione dell’Ue che già in passato ha fatto in modo che due grandi Paesi esportatori di cosmetici come India e Brasile vietassero sul proprio territorio questo tipo di sperimentazione sugli animali“. Così, conclude Felicetti, “sono state battute anche le fazioni più retrive che ancora continuano a minimizzare la direttiva Ue”.
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ANIMALISTI ITALIANI
“Questa sentenza è stupenda perché risolve all’origine il problema che abbiamo: in Europa non si possono fare più test cosmetici sugli animali, ma le grandi aziende li fanno all’estero e poi portano i prodotti in Europa. Ci chiedevamo che senso avesse”. Così Walter Caporale, presidente di Animalisti italiani Onlus, commenta la sentenza della Corte Ue. “Questo chiarisce che adesso possiamo chiedere a queste aziende: se voi fate esperimenti in America, in Africa, in Asia, noi chiederemo di bloccare i vostri prodotti. Quindi state attenti e fate una scelta etica: uccidete meno animali, se possibile non uccidetene più visto che esistono metodi alternativi alla vivisezione”, aggiunge.