“Nessuno ama utilizzare il modello animale ma purtroppo, ad oggi, non è ancora sostituibile in decine di migliaia di ricerche”. Ed “è scorretto far credere ai cittadini che si possa abbandonare questo modello senza subirne gravi conseguenze”. Nuova presa di posizione nell’infinito dibattito sulla necessità o meno della sperimentazione sugli animali. Dopo il recente intervento della senatrice a vita e scienziata Elena Cattaneo, la replica degli animalisti e di Bruno Fedi, componente del tavolo ministeriale dedicato ai metodi alternativi, a scendere in campo sono i ricercatori e gli esperti riuniti in Research4life, iniziativa italiana di “Science Advocacy” che punta ad accendere i riflettori sulle opportunità rappresentate dalla ricerca biomedica e sugli ostacoli che incontra.
Gli scienziati di Research4life si allineano con Cattaneo, precisano che “laddove scientificamente giustificato, gli sforzi sono diretti” verso un impiego crescente di metodi alternativi, “come testimonia la continua diminuzione degli animali coinvolti”, e spiegano che “tutti i pazienti hanno il diritto di potersi avvalere di terapie messe a punto e testate secondo quelle che sono le migliori procedure esistenti che, ad oggi, comprendono il modello animale”. Non garantire ciò, sottolineano, “sarebbe immorale”. “Dispiace – si legge nella nota diffusa dal segretario generale di Research4life, Giuliano Grignaschi – dover constatare che, ancora una volta, l’opinione (che riassume peraltro il pensiero della quasi totalità dei ricercatori biomedici) di una ricercatrice di fama mondiale quale è Elena Cattaneo viene contestata con argomentazioni e termini non corretti da chi ritiene di rappresentare il mondo animalista. Mi riferisco in particolare a Fedi”.
Grignaschi parla di “uso scorretto dei termini”, ricordando che ormai “la vivisezione è vietata” e, a riprova dell’insostituibilità degli animali nella ricerca, cita Thomas Hartung, direttore dello statunitense Center for Alternative to Animal Testing, il quale in occasione di un convegno ha ammesso che “ogni istituto di ricerca nel mondo utilizza il modello animale in percentuale molto ridotta rispetto all’insieme di tutte le altre tecniche che sono da considerarsi complementari: simulazioni al computer, colture cellulari più o meno complesse, studi epidemiologici e altre ancora”. L’esperto, ricorda Grignaschi, ha anche precisato che “abbandonare uno di questi passaggi significherebbe interrompere l’intero processo di sviluppo”. Quanto al raffronto con l’estero, Research4life fa notare che “Usa, Gb e Germania investono sì somme enormi in metodi alternativi”, ma “nelle stesse nazioni la sperimentazione animale coinvolge molti più animali che in Italia: in Inghilterra e in Germania più del doppio mentre negli Usa si stima una cifra 50 volte superiore”. Per evidenziare infine l’importanza del modello animale, Grignaschi si appella a due casi recenti: “il grande successo dei vaccini contro Ebola, sviluppati grazie a studi nei topi e nei primati non umani, e dei farmaci contro l’epatite C sviluppati sempre grazie a studi negli animali”. (Kronos)