AGGIORNAMENTO DEL 12 DICEMBRE 2015 -L’ESPERTO, RITORNO VEDOVA NERA GRAZIE A PRATICHE AGRICOLE A BASSO IMPATTO
«La malmignatta, Latrodectus tredecimguttatus, è un ragno diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, con popolazioni note in particolare di Italia, Grecia, Albania, Croazia, Spagna e Francia, la cui presenza in Sardegna è storicamente nota e recentemente confermata anche da sparute segnalazioni in articoli scientifici di settore». Lo ha detto Marco Isaia, Ricercatore Universitario Confermato dell’Università di Torino esperto in Aracnologia (uno dei pochi esperti del settore in Italia) dopo il ritrovamento documentato di una `vedova nera mediterranea´ in Sardegna, nel Campidano, presso l’azienda dei fratelli Marco e Luca Sanna di San Gavino Monreale (Cagliari). Il ricercatore piemontese spiega che «più che la specie in sé, a essere rari sono invece i dati scientifici pubblicati sulla fauna aracnologica di Sardegna, che come molte altre regioni italiane soffre di questa carenza. Ancora più rari poi sono gli incidenti recentemente provocati dal morso di questa specie. Si tratta infatti certamente di una specie potenzialmente pericolosa, ma che raramente viene in contatto con l’uomo e difficilmente si dimostra aggressiva. Rispetto al passato la specie ha probabilmente subito un forte declino a causa dell’intensificazione delle pratiche agricole che hanno fortemente alterato l’habitat preferito da questa specie». «Analogamente – spiega Isaia – la meccanizzazione agricola, unita alla minore operatività `diretta´ sul campo, ha fortemente diminuito il rischio di contatto con l’uomo, determinandone la presunta `scomparsa´ dal territorio. La `ricomparsa´ nella cronache pubbliche potrebbe invece essere legata allo sviluppo di pratiche agricole a basso impatto, che favoriscono la biodiversità e la presenza di predatori naturali (come i ragni) nei sistemi agricoli». «In questo caso la malmignatta sarebbe quindi un segno concreto della riduzione dell’impatto dell’agricoltura. Se questo fosse il caso, questa preziosa specie mediterranea assumerebbe un’importante ruolo da bioindicatore, ben lontano da quello di temibile animale velenoso da eliminare, offrendo tra l’altro un ottimo spunto per un’indagine di grande interesse e attualità scientifica», conclude l’esperto.
+++
POST ORIGINALE DEL 7 DICEMBRE 2015
Importante ritrovamento, dal punto di vista scientifico, dell’unico e rarissimo ragno velenoso presente in Sardegna. Nell’ultimo mese ci sono almeno tre avvistamenti documentati nel sud della Sardegna e uno in Ogliastra. Si tratta della Malmignatta Latrodectus tredecimguttatus, un ragno meglio noto come la «vedova nera mediterranea», in sardo conosciuta e temuta con il nome di `Argia´. L’aracnide appartiene alla famiglia Theridiidae. In Italia assieme alla Loxosceles rufescens è una delle poche specie il cui morso può creare un serio pericolo per gli esseri umani. Latrodectus tredicimguttatus, anche nella variante genetica sarda, è il parente stretto della vedova nera americana Latrodectus mactans, dal morso estremamente più pericoloso. L’avvistamento e la cattura è avvenuta venerdì scorso nelle campagne di San Gavino Monreale a 50 km da Cagliari, nell’azienda agricola dei fratelli Luca e Marco Sanna, in località Figu Niedda, in un deposito di legname, accanto ad un vecchio fabbricato.
Marco Sanna, esperto agronomo, l’ha riconosciuta immediatamente dalle 13 caratteristiche ed inconfondibili macchie rosse sul dorso e l’ha catturata con un barattolo di vetro (nella foto). Si tratta di un esemplare di femmina adulta, quella potenzialmente più pericolosa per l’uomo. Sanna ha quindi avvisato gli agenti del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della Sardegna, ai quali ha consegnato il pericoloso ragno. L’avvistamento nel Campidano costituisce un importante contributo dal punto di vista scientifico per la catalogazione e la mappatura della presenza del ragno in Sardegna. Il morso della femmina non provoca dolore istantaneo ma i suoi effetti possono manifestarsi già nei primi 15 minuti con sudorazione, nausea, conati di vomito, febbre, cefalea, forti crampi addominali e nei casi più gravi perdita di sensi e talvolta morte, eventuali complicanze cardiache possono verificarsi a distanza di 1-3 ore dopo il morso. I casi mortali sono tuttavia veramente molto rari. In Italia sono stati segnalati 4 possibili episodi di morte in seguito ai morsi, di cui due in provincia di Genova.
Il morso è più pericoloso per i bambini per la proporzione quantità di veleno e massa corporea. Pericolo che sussiste anche per gli anziani e gli adulti indeboliti da malattie al momento del morso. Nei soli soggetti allergici può provocare shock anafilattico, come d’altronde molte altre punture di insetti, come ad esempio le vespe. Il veleno è di tipo neuro-tossico ovvero colpisce il sistema nervoso passando attraverso il sistema linfatico, e contiene una potente tossina chiamata Latrotossina. Nonostante fosse ritenuta estinta da molti naturalisti, nell’ultimo mese sono stati registrati almeno 3 avvistamenti documentati in provincia di Cagliari e nel Sulcis. La paura del morso dell’Argia è legato alle tradizioni popolari della Sardegna. Si credeva che la persona punta dall’Argia fosse la vittima predestinata di una possessione demoniaca che richiedeva per la guarigione «su ballu de s’Arza» (il ballo dell’Argia): un ballo che doveva avviare disponendo il paziente in una fossa e poi ricoprendolo fino al collo con letame. Intorno all’uomo sono chiamate a danzare 21 donne: 7 nubili, 7 maritate e 7 vedove. Queste dovranno, grazie a battute ironiche accompagnate da gesti provocatori, far ridere il paziente per alleviare la sua sofferenza. Dopo diversi tentativi, se la vittima si è messa a ridere, si può affermare che la guarigione è avvenuta. (Kronos)