Stop alla spedizione di pinne di squalo contro l’orrore dello shark finning. E’ quanto chiede a Ups, il gigante Usa delle spedizioni internazionali, una petizione (ormai chiusa, era qui) sottoscritta da quasi 180mila persone per contrastare la pratica illegale e crudele che consiste nel tagliare le pinne a squali ancora vivi per poi rigettarli in mare condannandoli a morte certa dopo una lenta e atroce agonia. “Lo shark finning – spiega Greenpeace International – rappresenta ancora una piaga. Questa mutilazione mortale per gli squali viene praticata spesso dai pescatori di tonno che con la vendita delle richiestissime pinne di pescecane, ingrediente principale della prelibata zuppa che arriva a costare anche cento dollari a porzione, integrano così i loro magri stipendi”.
Durante la pesca del tonno con i palangari, vengano catturati regolarmente un 25% di squali che invece di essere ributtati in mare o pescati per intero, subiscono solo la mutilazione della pinna. Finisce così che “ogni anno vengono uccisi 100 milioni di squali – denuncia Greenpeace – e se non cambiamo il modo di pescare il tonno presto molte specie di squali potrebbero essere estinte”. Su 24zampe abbiamo parlato del progetto Sharklife, qui, spiegando quanto sia fondamentale coinvolgere i pescatori per salvare gli squali dall’estinzione nel Mediterraneo.
Il più grande rischio di estinzione, infatti, è dovuto alla pesca accidentale ma la collaborazione dei pescatori sta dando buoni risultati. Con il progetto Sharklife si è voluto dimostrare che gli ami circolari caratterizzati da una curva molto chiusa e già utilizzati per limitare il numero di catture accidentali di tartarughe marine, sono utili anche per evitare le catture dei trigoni. Cale sperimentali utilizzando palangari armati con ami circolari sono già in corso in alcune regioni, ovvero Sicilia, Calabria e Puglia. Si è osservato, per esempio, che l’utilizzo e la diffusione su larga scala degli ami circolari riduce dell’80% la cattura accidentale del trigone viola.