Test su animali, scrivono al ministro della Salute i ricercatori (d’accordo i Radicali, contraria la Lav) e l’Enpa

La cassetta della posta del ministro della Salute Beatrice Lorenzin in questi giorni trabocca di lettere sulla sperimentazione animale. A scrivere al ministero per richiedere una puntuale applicazione del dlgs n. 26/2014 che regolamenta l’utilizzo di animali nella sperimentazione scientifica un gruppo di ricercatori capeggiati dal rettore dell’Università di Cagliari Maria Del Zompo e l’Enpa, Ente per la protezione degli animali, sostenendo tesi opposte. Inoltre alle richieste dei ricercatori ribattono prima la Lav, contraria, e poi i Radicali, favorevoli. L’Enpa, invece, chiede di applicare la legge nella parte che promuove l’uso di metodi alternativi alla sperimentazione animale, attualmente scarsamente finanziati e dunque inefficaci.
LA POSIZIONE DEI RICERCATORI
La lettera di cui è prima firmataria il rettore Del Zompo è contro la “grave e perdurante paralisi” delle procedure per l’approvazione dei progetti di ricerca che prevedono l’utilizzo di animali. Insieme a lei, a rivolgere l’appello un vasto numero di scienziati e ricercatori: ci sono anche le firme del direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Silvio Garattini, del direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia, Fabio Benfenati, da numerosi scienziati e altri rettori di importanti atenei italiani.
“In particolare, il decreto legislativo 26 dello scorso anno – scrivono i ricercatori – prevede che il Ministero autorizzi ogni progetto entro 40 giorni dalla domanda, mentre i tempi di attesa risultano oggi mediamente pari a cento giorni lavorativi”. Sul tema si è svolto nei giorni scorsi un incontro tra i ricercatori e i docenti dell’area biomedica dell’Università di Cagliari che hanno firmato a loro volta un documento in cui “manifestano grande preoccupazione per quello che è, nei fatti, un blocco dell’attività di ricerca, che perdura oramai da circa sei mesi”.
“I ricercatori di area biomedica – si legge nel documento, che riporta più di 100 firme – esprimono la convinzione che sia necessario promuovere un’azione nazionale coordinata da parte delle università e dei centri di ricerca, affinché emergano le contraddizioni e le gravi restrizioni rispetto alla Direttiva europea, che potrebbero di fatto compromettere irreversibilmente la ricerca biomedica in Italia, pregiudicandone gravemente la competitività in ambito internazionale. Fermare la sperimentazione animale significherebbe ostacolare il progresso della medicina nel nostro Paese, innescando una crisi che avrebbe pesanti ricadute di natura sanitaria, occupazionale ed economica. Auspichiamo che nessuno voglia prendersi tale responsabilità, e riteniamo che i cittadini dovrebbero essere ben consapevoli di tutto questo”.
LA REPLICA DELLA LAV
“L’appello rivolto al Ministro della Salute da alcuni ricercatori italiani affinchè garantisca tempi brevi per le procedure di approvazione di sperimentazioni che prevedono l’uso di animali è l’ennesimo tentativo del mondo della ricerca di lamentare restrizioni che nella realta’ non esistono”. Lo sostiene in una nota la Lav spiegando che nella lettera al ministro Lorenzin, la cui prima firmataria è il rettore dell’Università di Cagliari, non viene precisato che “allo scadere dei 40 giorni previsti per l’autorizzazione delle procedure, il progetto viene automaticamente autorizzato, lasciando il sistema di controllo dell’utilizzo di esseri senzienti, e il principio di trasparenza dovuto nella ricerca per la salute umana, in un pericoloso meccanismo di silenzio-assenso”.
Lo stesso appello, inoltre – si legge nella nota della Lega antivivisezione -, definisce irragionevole “l’incompatibilità tra i ruoli di responsabile del progetto di ricerca e di responsabile del benessere degli animali e di veterinario designato”, confermando l’incapacità di innovarsi e adeguarsi a principi comunitari di un mondo che non ammette alcuna trasparenza e vuole rimanere ancorato all’equazione controllore=controllato! Concetto evidente nella costituzione dei comitati etici, in cui componenti sono rappresentati da personale interno alla struttura a cui afferisce il progetto da giudicare.
“La realtà dei laboratori italiani, però, evidenzia – conclude la Lav –  come sia ancora enorme il numero degli animali sacrificati per la ricerca. Cavie, capre, suini, pecore, uccelli e scimmie finiscono sempre più numerosi la loro vita in un laboratorio di vivisezione”.
LA POSIZIONE DELL’ENPA
L’Ente nazionale per la protezione animale (Enpa), in un comunicato diffuso oggi, sostiene una linea diversa e chiede al ministro della Salute Beatrice Lorenzin di “dare seguito a quanto previsto dal decreto legislativo 26 del 2014 e sostenere anche finanziariamente la ricerca di metodi sostitutivi della sperimentazione animale”, ricordando come il nostro Paese sia anche in questo campo fanalino di coda. Nel 2014 infatti gli stanziamenti italiani per la ricerca “cruelty free” ammonterebbero all’”esorbitante” cifra di 80mila euro.
“Una vera e propria inezia – recita il comunicato Enpa –  se paragonati alle 6,5 milioni di sterline (pari a più di 9 milioni di euro) stanziate dalla Gran Bretagna ed alla chiara scelta di campo compiuta su questo versante da altri partner europei, quali Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania e Svezia”. “Per dire quanto possano essere avanzati i progressi nel campo della sperimentazione “cruelty free” – spiega l’Enpa – basta citare il clamoroso successo ottenuto lo scorso anno negli Usa dove i ricercatori del Massachusetts General Hospital di Boston sono riusciti a ricreare in vitro un sistema di neuroni a partire da staminali umane; un “mini cervello” sul quale hanno riprodotto per la prima volta gli effetti dell’Alzheimer”.
Sempre secondo Enpa, “grazie a questa, come ad altre scoperte, sarà dunque possibile testare farmaci e terapie direttamente sul modello umano, il che permetterà non soltanto di salvare la vita a milioni di animali rinchiusi nei laboratori e di evitare loro atroci sofferenze, ma consentirà di aumentare l’efficacia di tali farmaci e di ridurre sensibilmente i tempi necessari alla loro commercializzazione proprio perché si salta l’inutile passaggio degli esperimenti su topi, cani o primati”.”D’altro canto, se si considera che nel 99,7% dei casi gli esperimenti sugli animali falliscono, che ogni anno nella sola Unione Europea circa 200 mila persone muoiono per gli effetti collaterali di farmaci testati proprio sugli animali e che più della metà dei farmaci testati e messi in circolazione viene ritirata nel giro di qualche anno,si capisce come la “rivoluzione copernicana” della sperimentazione senza animali rappresenti ormai non un’opzione ma una necessità inderogabile”.”Ma questo – conclude l’Enpa –  evidentemente non è un argomento che i sostenitori dei test sugli animali toccano molto volentieri nelle loro prese di posizione pubbliche in cui  nulla si dice sui numerosi e ricorrenti fallimenti delle terapie testate sugli animali e su quanto la scienza potrebbe progredire, abbandonando un modello fallace”.
IL SOSTEGNO DEI RADICALI
“Salutiamo come importante, opportuna e necessaria, l’iniziativa assunta dal rettore dell’Università di Cagliari, la dottoressa Maria Del Zompo che assieme a numerosi scienziati e ricercatori ha rivolto un accorato appello al ministro della Salute Beatrice Lorenzin, scongiurandola di intervenire contro la grave e perdurante paralisi delle procedure per l’approvazione dei progetti di ricerca che prevedono l’utilizzo di animali. E’ un appello che intendiamo raccogliere e sostenere”. Lo dichiarano i Radicali Maria Antonietta Farina Coscioni, componente del Comitato Nazionale di Radicali Italiani e Valter Vecellio, presidente del Congresso Mondiale per la Libertà della e nella Cultura.

“La comunità scientifica – proseguono – richiama la nostra attenzione sul decreto legislativo 26 dello scorso anno, che prevede che il Ministero autorizzi ogni progetto entro 40 giorni dalla domanda; accade che i tempi di attesa siano invece, in media, un centinaio di giorni lavorativi. Bene fanno gli scienziati, i ricercatori e i docenti dell’area biomedica a esprimere la loro grande preoccupazione per quello che è, in concreto, un vero e proprio blocco dell’attività di ricerca, che perdura oramai da circa sei mesi. I ricercatori di area biomedica colgono l’essenza della questione: è necessario promuovere un’azione nazionale coordinata da parte delle università e dei centri di ricerca, affinchè emergano le contraddizioni e le gravi restrizioni rispetto alla Direttiva europea, che rischiano di fatto di compromettere irreversibilmente la ricerca biomedica in Italia, e ne pregiudicano gravemente la competitività in ambito internazionale”.

Per gli esponenti radicali “Fermare la sperimentazione animale, come irresponsabili gruppi di pressione si prefiggono, significa ostacolare il progresso della medicina nel nostro Paese e innescare una crisi che avrebbe pesanti ricadute di natura sanitaria, occupazionale ed economica. I cittadini, il paese vanno resi consapevoli di questo rischio, i mezzi di informazione hanno in questo una grave responsabilità, al pari della classe politica pavida che troppe volte agisce sull’onda e sulla pressione di spinte emotive che già tanti guasti e danni ha provocato, e tanti altri minaccia di produrne. Grazie, dunque, al rettore Del Zompo, agli scienziati e ai ricercatori che hanno raccolto il suo appello. E’ giunto il momento di contarsi e opporre una razionale e laica resistenza all’ondata di irresponsabile demagogia che minaccia di travolgerci”. (Agi)