Can che abbaia non morde… ma disturba i vicini. Insieme al ticchettio dei tacchi e il volume troppo alto della tv, l’abbaiare del cane si conferma tra le prime cause di liti condominiali. A rilevarlo l’Anammi, l’Associazione degli amministratori d’immobili, che ha monitorato le cosiddette immissioni derivanti da rumori provenienti da altri appartamenti, che costituiscono ormai la prima causa di litigiosità condominiale in Italia, con un’alta percentuale di casi che sfociano in denunce.
L’associazione degli amministratori ha stilato una piccola classifica delle dispute causate dal rumore nei condomini italiani, analizzando le 21mila richieste di consulenza che arrivano ogni mese dai suoi 13mila iscritti. Delle 9.450 segnalazioni sulle liti condominiali, circa 3mila sono causate dalle immissioni di rumori: tra le cause più frequenti, il fastidioso ticchettio derivante dall’utilizzo dei tacchi (25% delle segnalazioni) e l’abbaiare dei cani (750 casi), che rimane, nel tempo, uno dei principali motivi di litigi che sfociano in denunce e cause giudiziarie.
La classifica stilata da Anammi, prosegue con il suono della lavatrice in orari di riposo (18%), un’abitudine incentivata dalle tariffe `low cost´ che riducono i costi del bucato nelle ore notturne e nei festivi e con la televisione troppo alta (16%); chiudono la classifica i rumori causati dai bambini (10%). «I contrasti – sottolinea Giuseppe Bica, presidente dell’Anammi – scoppiano quando la pazienza è ormai ai limiti. Si tratta spesso di rumori ripetuti tutti i giorni, in orari impossibili, che causano stress a chi vive in prima persona il problema».
Secondo l’articolo 844 del Codice Civile, spiega l’Anammi, “l’immissione non può essere impedita a meno che non superi la normale tollerabilità, rilevata nel contesto di riferimento”. Tuttavia, non è facile definire i parametri di ciò che è tollerabile: “Ecco perché, ai professionisti associati e ai condomini – continua Bica – consigliamo sempre di evitare la citazione per danni non soltanto per motivi finanziari, ma anche perché il comportamento illecito, nel frattempo, si perpetua”.
Le statistiche, inoltre, dimostrano che la metà delle cause condominiali si conclude con un rigetto: “Meglio trovare una soluzione amichevole e cercare di essere tolleranti – conclude il presidente dell’Anammi – e in questo, le capacità negoziali dell’amministratore sono fondamentali. La soluzione ideale, infatti, consiste nel sanare la situazione in fase iniziale, quando ancora la lite non è giunta al parossismo”. (Kronos)