Sul Financial Times di oggi compare richiamato in prima pagina un articolo che racconta un’esperienza di “equine guided learning” di un gruppo di dipendenti dell’AT Kearney, lo studio internazionale di consulenza aziendale che ha 57 uffici in 39 paesi e 3mila persone in tutto il mondo, con 2.200 consulenti che vantano un’ampia esperienza nel settore e vengono dalle maggiori scuole di business.
L’articolo, titolato “Equine therapy – Horses, the perfect feedback machine”, racconta di una giornata trascorsa da trenta consulenti dello studio all’Equine affinity, un centro nel Kent (nel sud-est dell’Inghilterra) specializzato in pet therapy con i cavalli. Durante i due weekend – organizzati dalla London Business School – che i professionisti trascorrono con i cavalli, vengono messi a confronto con la loro capacità di entrare in sintonia con un interlocutore, un animale in questo caso, e con la loro abilità nel conquistarsene la fiducia attraverso i segnali inconsci che trasmettono.
E’ qui che risiede il significato del titolo “The perfect feedback machine”, la macchina perfetta della verità: il cavallo non si lascia ingannare, capisce chi sta fingendo un atteggiamento amichevole e “piacione”. Per essere conquistato costringe l’interlocutore a essere se stesso, a migliorarsi davvero nell’atteggiamento verso gli altri. Infatti il centro lavora anche con i giovani che hanno carenze nella capacità di relazione.
Peter Shepherd, il direttore del programma della London Business School, spiega la filosofia alla base del progetto. “Si viene messi in situazioni in cui occorre intraprendenza e spirito d’avventura. A qualcuno sembrerà una perdita di tempo, ma alla fine sarà chiaro che tutti possono svolgere un incarico… ma non tutti possono instaurare un vero rapporto”.
Jude Jennison, che gestisce The Leadership Whisperers, anche lei coinvolta nel progetto, ritiene che “qui si imparano capacità di leadership che non vengono comunemente insegnate nel mondo degli affari, ma sono fondamentali per il successo: la fiducia, il rispetto, il coraggio, la creatività e la compassione”.
Michael Brown, dell’ufficio AT Kearney di New York, dice che era molto incuriosito e che si è avvicinato con una mente aperta. Osservando un collega approcciare uno dei cavalli guardandolo dritto negli occhi, ha deciso di cambiare il suo comportamento. “Ho capito che la voglia di entrare in fretta in sintonia con l’interlocutore può rovesciarsi in aggressività. Ogni giorno ci impegniamo con clienti o gruppi, ma il rapporto può essere unidirezionale”. “Interagire con un cavallo – conclude – mi ha reso maggiormente consapevole della necessità che quel rapporto sia accettato anche dall’altro”.
Stephen Parker, capo della formazione di AT Kearney, ha partecipato al programma lo scorso anno: lo ha trovato “molto efficace” e ha contribuito a renderlo più “consapevole”. Come Mr Brown, ha imparato a essere paziente. In un primo momento il cavallo si è allontanato da lui: “Recitavo, fingevo troppo di fronte ai miei colleghi”. Invece i cavalli sono, come dice lui, la “macchina perfetta della verità”.