Un morto in Usa per virus dell’aviaria: mai segnalato prima nell’uomo

Un uomo è morto negli Stati Uniti dopo essere stato contagiato dal virus dell’influenza aviaria H5n5. E’ la prima volta che questo ceppo infetta l’uomo, dando luogo ad un salto di specie dagli uccelli all’essere umano. Ma se l’attenzione deve essere alta con un continuo monitoraggio della situazione generale, il livello di allerta complessivo tuttavia non aumenta poichè, afferma l’epidemiologo Gianni Rezza, non è rilevata una trasmissione di H5n5 da uomo a uomo ed il caso registrato appare collegato al contatto diretto con pollame infetto. Lo scorso gennaio sempre in Usa, in Louisiana, si era registrato un altro decesso umano per influenza aviaria H5n1, ceppo più noto e diffuso. La nuova vittima, nello stato di Washington, è un anziano con problemi di salute preesistenti. Era stato ricoverato in ospedale dall’inizio di novembre per influenza aviaria da virus H5n5 dopo aver sviluppato febbre alta, confusione e problemi respiratori. L’uomo aveva un pollaio domestico (come quello nella foto in alto) esposto a uccelli selvatici, hanno riferito i funzionari sanitari. Si tratta quindi di un salto di specie per un virus aviario più raro e finora presente solo negli animali: una circostanza che richiede dunque un monitoraggio elevato ma che, tuttavia, non desta allarme secondo esperti ed autorità sanitarie. I Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) statunitensi hanno infatti dichiarato che il rischio per il pubblico generale rimane basso.

REZZA: AL MOMENTO NON C’E’ CONFERMA DI CONTAGIO TRA UOMO E UOMO

Dello stesso avviso l’epidemiologo Gianni Rezza, professore di Igiene all’università San Raffaele di Milano e già a capo del dipartimento Prevenzione del ministero della Salute. Questo caso, spiega, “dimostra che i virus aviari che possono passare all’uomo attraverso un salto di specie sono potenzialmente diversi; che poi questi possano anche innescare una trasmissione da uomo a uomo, eventualità molto più allarmante, è difficile dirlo, ma al momento non ci sono segnali che H5n5 possa innescare un contagio interumano con una catena di trasmissione, e finchè si tratta di contagi umani di tipo sporadico e legati al contatto diretto con animali infetti, l’allerta resta limitata”. Ciò significa, chiarisce l’esperto, che “il livello generale di rischio legato all’influenza aviaria non aumenta, dato che la trasmissione da persona a persona non è efficiente”. E’ però necessario, avverte, “monitorare con attenzione l’evolversi della situazione e non sottovalutare alcun segnale”. Globalmente, ad oggi, ricorda l’epidemiologo, sono 964 i casi umani di virus aviario H5n1 nel mondo dal 2003 di cui 466 decessi, la maggior parte nel sud-est asiatico, seguito da medio oriente e Africa occidentale. A questi si aggiungono 67 casi negli Usa con 1 solo decesso – cui si aggiunge quello da virus H5n5 – e un caso in Uk, l’unico europeo. Il tasso di letalità alto in Asia ma basso negli Stati Uniti dipende evidentemente dalla capacità di identificare anche casi lievi.

UN SOLO DECESSO UMANO AL MONDO PER H5N5, ALTRI VIRUS AVIARI SONO PASSATI ALL’UOMO

Il decesso umano da virus H5n5 è ad oggi l’unico caso negli Usa e nel mondo. Altri virus dell’influenza aviaria come H7n9, H9n2 e H7n7, poi, hanno causato diversi casi sporadici nell’uomo. H7n7 causò anni fa alcuni casi umani in Olanda e in Italia ma si trattò solo di congiuntiviti. L’influenza aviaria, chiarisce l’Istituto superiore di sanità, è un’infezione virale che si verifica principalmente negli uccelli. In particolare, gli uccelli selvatici sono il veicolo principale di diffusione di questi virus, che poi possono essere trasmessi, ad esempio, agli animali da allevamento e, sporadicamente, all’uomo (attraverso il contatto con animali infetti). I virus aviari hanno una grande capacità di mutare e, recentemente, alcuni di questi ceppi virali sono stati trasmessi anche ai mammiferi, tra cui bovini, e animali da compagnia come i gatti. I casi umani possono essere asintomatici, con sintomi lievi ma anche gravi e letali, e al momento non c’è conferma della possibilità di una trasmissione da uomo a uomo. Secondo l’Efsa non c’è inoltre alcuna evidenza che l’influenza aviaria possa essere trasmessa all’uomo mediante consumo di carne contaminata. Negli Usa, recentemente, sono stati però ritirati dei lotti di latte crudo risultato contaminato da virus aviario H5n1. (Ansa)

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