Le foreste del sito patrimonio Unesco di Angkor Wat, in Cambogia, si stanno lentamente ripopolando di specie selvatiche, dopo i danni prodotti alla fauna locale da decenni di bracconaggio. A riportare nell’area specie in declino come gibboni e scimmie langur è la Wildlife Alliance (nella foto uno dei loro gibboni). “Il complesso del tempio di Angkor, sito Patrimonio dell’Umanità, contiene alcune delle foreste più antiche della Cambogia”, spiega al Guardian Nick Marx, direttore dei programmi Wildlife Rescue and Care della Wildlife Alliance. “Tuttavia quasi tutta la fauna selvatica che viveva qui è stata estirpata dalla caccia tra gli anni ’80 e ’90. Ora ci sono opportunità e spazio per un ripopolamento di diverse specie”.
In collaborazione con la Forestry Administration e la Apsara Authority, l’organizzazione ha cominciato a ripopolare la foresta nel 2013, rilasciando la prima coppia di gibboni dal berretto (Hylobates pileatus) che dopo un anno mise al mondo il primo piccolo. “Una nascita che ha segnato un trionfo per questo programma unico di reintroduzione” di specie selvatiche, sottolinea Marx. I gibboni dal berretto sono una specie indicata come a rischio nella lista rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn). Vivono in Cambogia, Laos e Thailandia. Rilasciata in natura anche un’altra coppia di gibboni, mentre a dicembre scorso sono stati reintrodotti tre esemplari di scimmia langur.
Il prossimo passo riguarderà l’inserimento di mammiferi ancora più grandi: il sambar indiano (Rusa unicolor), una delle specie di cervo più grandi in Asia. E prossimamente si proverà a riportare nelle foreste di Angkor Wat ogni altro animale in grado di sopravvivere in questo habitat, senza mettere a rischio le altre specie o i milioni di turisti che ogni anno visitano il sito. Ad esempio il muntjak indiano, il binturong e poi ancora gatti leopardo, pavoni e civette. (Ansa)