Nel dibattito su quali spese siano “morali” ai fini del reddito di cittadinanza si inseriscono i veterinari dell’Associazione Anmvi, che ricordano al vicepremier Luigi Di Maio che i soldi spesi per curare e nutrire gli animali domestici sono etiche eccome, “una reale necessità”. Parole che arrivano dopo la notizia che i 780 euro del reddito di cittadinanza saranno erogati dal 1° aprile 2019 e – indicativamente – potranno essere utilizzati solo per quegli acquisti che siano davvero utili alla sopravvivenza e dunque, per esempio, non in sigarette o in giochi d’azzardo, anche se una lista ancora non c’è (e forse mai ci sarà). Comunque la spesa veterinaria, secondo l’interpretazione del presidente dei veterinari italiani Marco Melosi, è “etica e necessaria, anzi obbligatoria” e “rientra senza alcun dubbio fra quelle di ‘reale necessità’. Altrettanto dicasi per le spese di alimenti per i cani e i gatti di famiglia”. La ragione è semplice: “La cura del proprio animale da compagnia è un dovere normativo di ogni proprietario – spiega – per cui non ci sono dubbi ‘morali’. Anzi, il reddito di cittadinanza deve servire a sostenere il diritto alla convivenza con un animale da compagnia e a riceverne i comprovati benefici socio-affettivi”. I veterinari chiedono anche al governo di considerare una manovra sull’Iva: “Altrimenti è un dare e un levare – sostiene Melosi -: i nuclei familiari che avranno i 780 euro dovrebbero anche poter essere alleggeriti dal peso fiscale dell’Iva sulle cure veterinarie, con una riduzione dal 22 al 10% dell’aliquota, se non addirittura l’esenzione dall’Imposta”. “E’ nell’interesse dello Stato agire sull’Iva, perché la prevenzione e le cure veterinarie si traducono in maggiore sanità pubblica e in una minore spesa pubblica – conclude il presidente dei vets -. D’altra parte, quando la prestazione veterinaria è riconosciuta dal Pubblico è ‘Iva esente’. E con il reddito di cittadinanza, siamo di fronte a qualcosa di molto simile”.
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