Le maggiori società di e-commerce, hi-tech e social media al mondo – da Facebook, Microsoft, Alibaba, eBay per citarne alcune – hanno unito le forze e con Google e Wwf stanno lavorando per rendere le piattaforme e le app inutilizzabili per i “trafficanti di natura”. Sono 21 le grandi aziende tecnologiche di Nord America, Asia, Europa e Africa che hanno creato la prima coalizione globale per stroncare il commercio online di animali e piante selvatici. L’obiettivo è ridurre il traffico di natura attraverso le piattaforme online dell’80% entro il 2020.
ONLINE SI PUO’ COMPRARE FACILMENTE UN TIGROTTO
Attualmente, spiega il Wwf, ci vogliono pochi minuti per acquistare online animali selvatici in via di estinzione, cuccioli di tigre compresi, ma anche oggetti e monili come quelli di avorio. Vendite quasi sempre illegali. Le persone che acquistano questi prodotti contribuiscono consapevolmente o inconsapevolmente al quarto più grande mercato illegale del mondo, una rete criminale che si stima raggiunga i 20 miliardi di dollari l’anno e i cui protagonisti sono spesso gli stessi che trafficano persone, armi e droga, aggiunge il Wwf. Il commercio illegale di specie selvatiche è una delle più grandi minacce per la fauna selvatica con più di 20mila elefanti uccisi illegalmente ogni anno per il commercio delle loro zanne e quasi 3 rinoceronti uccisi ogni giorno in Sud Africa per il corno.
OGNI CINQUE MINUTI VIENE UCCISO UN PAGNOLINO
Ogni 5 minuti un pangolino viene strappato alla vita per il commercio illegale delle scaglie e felini come la tigre sono ormai in grave pericolo di estinzione proprio a causa del bracconaggio spietato. “Abbiamo tutti un ruolo da svolgere nel garantire che un mondo senza rinoceronti, elefanti, tigri e migliaia di altre creature non diventi una realtà” ha detto Isabella Pratesi, Direttore Conservazione Wwf Italia. Accanto al Wwf a spingere l’iniziativa ci sono Traffic (Trade record analysis of fauna and flora in commerce) e Ifaw (International Fund for Animal Welfare). (Ansa, foto Sakchai Lalit/Ap: uno di 14 orangutan trovati nel novembre 2015 in uno zoo privato in Thailandia, che li deteneva illegalmente, in attesa di essere riportato in Indonesia e poi reimmesso in natura)