Anche l’Ispra chiede alle Regioni di limitare la caccia: “Due anni di stop dopo gli incendi”

AGGIORNAMENTO DELLE 18.55 DEL 29 AGOSTO 2017 IN CODA – LA TOSCANA FERMA LA CACCIA AGLI UCCELLI ACQUATICI

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AGGIORNAMENTO DELLE 17.50 IN CODA – ANIMALISTI CHIEDONO PROVVEDIMENTO DI BLOCCO CACCIA

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POST ORIGINALE

Limitare il più possibile la caccia, poiché le specie selvatiche sono state messe a dura prova da siccità e incendi. Lo raccomanda l’Ispra, l’istituto di ricerca del Ministero dell’Ambiente, in una nota inviata a tutte le Regioni italiane e pubblicata sul suo sito. “Il 2017 – scrive l’Ispra – è stato caratterizzato da temperature massime assai elevate e prolungati periodi di siccità”, oltre a “una drammatica espansione sia del numero degli incendi sia della superficie percorsa dal fuoco (+260%)”. Questo “comporta una condizione di rischio per la conservazione della fauna”. Di conseguenza, “si ritiene che, in occasione della prossima apertura della stagione venatoria, vadano assunti provvedimenti cautelativi atti a evitare che popolazioni in condizioni di particolare vulnerabilità possano subire danni”. L’Ispra consiglia alle Regioni di sospendere l’allenamento dei cani da caccia (che stressa la fauna selvatica), vietare la caccia da appostamento (che si svolge presso gli scarsi punti di abbeverata rimasti), posticipare all’inizio di ottobre o limitare numericamente la caccia agli uccelli acquatici (come le anatre) e alle specie oggetto di ripopolamento (come lepri e fagiani), vietare per due anni la caccia nelle zone colpite da incendi. Il posticipo della stagione venatoria a causa della siccità e degli incendi è stato chiesto nei giorni scorsi dalle principali associazioni ambientaliste e animaliste. Ne abbiamo parlato qui su 24zampe, riportando un dato impressionante: sarebbero, secondo i dati dell’Enpa, quaranti milioni gli animali selvatici che hanno perso la vita a causa degli oltre 600 incendi che hanno colpito l’Italia nel 2017.

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AGGIORNAMENTO DELLE 17.50. – ANIMALISTI CHIEDONO BLOCCO CACCIA
Le associazioni animaliste Enpa, Lac, Lav e Lipu – anche dopo il parere inviato dall’Ispra alle regioni e per conoscenza al ministero dell’Ambiente e al ministero delle Politiche agricole con il suggerimento di limitare il più possibile la caccia – chiedono al governo “un provvedimento urgente che blocchi la stagione venatoria 2017/2018 e permetta alla fauna e al territorio di ristorarsi, dopo l’interminabile fase di siccità e incendi che ha colpito, e ancora colpisce, l’intero territorio italiano”. Se alle preoccupazioni, “espresse da un istituto solitamente molto prudente come Ispra, aggiungiamo la condizione generale della fauna nel nostro Paese, sofferente per ragioni ambientali e costellata di specie minacciate anche globalmente – proseguono Enpa, Lac, Lav e Lipu – non può che concludersi ciò che le nostre associazioni chiedono da tempo: la necessità di un’ordinanza urgente del Consiglio dei Ministri che cancelli la stagione venatoria 2017/2018 e permetta agli animali selvatici italiani e al territorio di riprendersi. Ci rivolgiamo dunque ancora una volta al Presidente Gentiloni, ai ministri Galletti e Martina e all’intero Governo – concludono – non attendete più, la situazione è grave e richiede azioni responsabili e immediate”. Il Wwf, in una nota distinta, afferma di non aver ricevuto risposta dalle regioni a cui aveva scritto agli inizi di agosto per chiedere risposte serie e adeguate alla drammatica situazione della fauna e degli ecosistemi naturali e dopo la nota dell’Ispra sollecita quindi le regioni a comportarsi di conseguenza “prevedendo il divieto o la forte limitazione dell’attività venatoria”. L’associazione ambientalista ritiene che quanto prescrive “l’autorevole parere dell’Ispra sia davvero il minimo che le regioni debbano fare per garantire quel ‘nucleo di salvaguardia’ della fauna selvatica tante volte richiamato anche dalla Corte Costituzionale per rispettare le norme europee ed internazionali”.

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AGGIORNAMENTO DELLE 18.55 DEL 29 AGOSTO 2017 – LA TOSCANA FERMA LA CACCIA AGLI UCCELLI ACQUATICI

Nella preapertura della stagione venatoria in Toscana, sabato 2 e domenica 3 settembre, doppiette vietate contro gli uccelli acquatici (germani reali, alzavola e marzaiola) e i merli, e chiusura fissata per le ora 14 anziché  per le 19. Lo ha deciso oggi la Giunta regionale,  adottando misure speciali per alleviare le sofferenze degli animali maggiormente colpiti dalla siccità. Il 2 settembre si potrà sparare alla tortora africana e al colombaccio, oltre ai corvidi dannosi per le covate, con popolazioni in eccesso, come cornacchie, gazze e ghiandaie; sarà consentita, in deroga, la caccia agli storni. Domenica 3 si potrà sparare invece solo a corvidi e storni. La stagione venatoria vera e propria inizierà come annunciato il 17 settembre e si concluderà il 31 gennaio. La Giunta ha inoltre deliberato l’adozione definitiva del regolamento unico regionale, che sostituirà i 91 diversi testi esistenti, e il prelievo selettivo della specie muflone nei comprensori della provincia di Livorno e Lucca. Presto, secondo quanto annuncia la Regione, sarà approvato anche un piano faunistico unico. (Ansa)

  • Pierluigi |

    Mi permetto di dissentire sul fatto che l’ineducazione dei cacciatori italiani non è loro propria responsabilità, anzi, devo confessare che una buona parte (direi più della metà per essere buoni) imbraccia il fucile con volgarità (questa è la parola esatta) senza contezza e senza alcun criterio estetico che connoti, di fronte a loro stessi, il piacere nel cacciare. Questi ultimi poi sono rarissimi.
    E poi noi italiani, strozzati dalle norme (quelle trappolose leggi, circolari, regolamenti, ordinanze, decreti, etc.) in tutti gli ambiti, quando siamo nel bosco, nei campi, in un luogo aperto (spiaggia, montagna, la natura insomma) siamo presi dal desiderio irrefrenabile di trasgredire: proprio perché manca un criterio ordinativo personale, esattamente, come dice il Sig. Luigi, una educazione. L’educazione non è soltanto uno strumento esteriore per gabbare le persone è, prima di tutto, una disciplina interiore che insegna il rispetto per se stessi (e, di conseguenza, anche degli altri).
    La caccia alla beccaccia (che purtroppo non sono all’altezza di praticare nelle dovute forme proprio per inesperienza) ne è la massima dimostrazione: si uccidono più beccacce all’aspetto che cacciate dal “nostro” ausiliare; non ci sappiamo controllare nel numero di quelle permesse giornalmente; sfasciamo come cellule terroristiche, letteralmente, le macchine che troviamo nella zona di caccia in cui siamo soliti reperire questa selvaggina, se poi andiamo all’estero per una settimana di caccia a questo meraviglioso essere che materializzandosi all’improvviso quasi ci spaventa col suo volo vigoroso. ce ne torniamo felici di averne abbattute 30-40 congelate – capito, surgelate (naturalmente consapevoli che se le abbatto lì, ma mettiamo 25 e di queste 25 la metà sono femmine, per un anno, ammettendo una sola covata, avrò in meno sul territorio dove migrano – e sappiamo che due o tre linee di migrazione passano dall’Italia – ne mancheranno almeno una cinquantina – le quali, come accennato, dovranno fare i conti con i cosiddetti “cacciatori” all’aspetto prima di mettere piede sul suolo italiano.
    Questi signori sanno conoscono le conseguenze dei loro gesti e questi signori sono conosciuti anche dai responsabili delle aree di caccia, da alcune autorità etc.
    Non parliamo poi di cosa sta succedendo nelle regioni in cui, dopo “addestramento”, si ammazzano le scrofe di cinghiale con i lattonzoli ancora attaccati: l’orrore della volgarità. Sì che anche questa cosa da contenitrice di un disastro annunciato è diventata a sua volta un imbarbarimento che non risolverà certo la questione esuberi di questo tipo di selvaggina. Ma come sappiamo di cinghiali puri in Italia non ce ne sono più, Secondo me dovremmo chiamarli maiali selvatici.

    Tutto ciò, però, se alla lunga sarà terreno di cultura per disastri peggiori, ha solo molto alla lontana a che vedere con quanto richiamavo nel messaggio precedente e cioè così come devono, proprio in senso di dovere morale, i cacciatori sapere il profondo perché fanno questo tipo di attività (non basta, a mio parere, sbandierare una generica passionaccia per questo meraviglioso “sport” – ancora volgarità-, no, il cacciatore deve specificare prima che ad altri a se stesso perché ha passione, qui inteso proprio come pathos, uno shock affettivo, emozionale, nel cacciare e uccidere la selvaggina, qual’è stato il percorso interiore, culturale, – venendo di nuovo al Sig Luigi, formativo-, che lo ha fatto decidere a intraprendere questa attività).
    Ha poco a che fare per più motivi anche se collegamenti ve ne sono sempre a livello personale però e ciò perché a livello delle azioni da intraprendere a causa dei numeri della popolazione che svolge quelle attività che ricordavo in rapporto al numero dei cacciatori in Italia non c’è storia neppure se questi ultimi fossero tutti così dannatamente ineducati. E’ su quei versanti, in quegli ambiti che si deve intervenire prima di tutto: mi devono restituire le rondini di settembre, le linee dell’orizzonte pulite, le acque guarite, le stagioni che hanno permesso ai millenni di mantenere il giusto numero di popolazione, devono darmi la possibilità di nutrirmi in modo sicuro, devono amministrare per permettermi di andare al lavoro con i mezzi pubblici, devono essere onesti come cerco di esserlo.
    Penso che non saprei comportarmi come loro, mistificatori, coatti del danaro: e qui, fatte quelle considerazioni, le devo dare ragione, Sig. Luigi, è proprio questione di educazione e di formazione: cioè di un imprinting e del suo mantenimento e affinamento nel tempo.

  • Pierluigi |

    Mi permetto di dissentire sul fatto che l’ineducazione dei cacciatori italiani non è loro propria responsabilità, anzi, devo confessare che una buona parte (direi più della metà per essere buoni) imbraccia il fucile con volgarità (questa è la parola esatta) senza contezza e senza alcun criterio estetico che connoti, di fronte a loro stessi, il piacere nel cacciare. Questi ultimi poi sono rarissimi.
    E poi noi italiani, strozzati dalle norme (quelle trappolose leggi, circolari, regolamenti, ordinanze, decreti, etc.) in tutti gli ambiti, quando siamo nel bosco, nei campi, in un luogo aperto (spiaggia, montagna, la natura insomma) siamo presi dal desiderio irrefrenabile di trasgredire: proprio perché manca un criterio ordinativo personale, esattamente, come dice il Sig. Luigi, una educazione. L’educazione non è soltanto uno strumento esteriore per gabbare le persone è, prima di tutto, una disciplina interiore che insegna il rispetto per se stessi (e, di conseguenza, anche degli altri).
    La caccia alla beccaccia (che purtroppo non sono all’altezza di praticare nelle dovute forme proprio per inesperienza) ne è la massima dimostrazione: si uccidono più beccacce all’aspetto che cacciate dal “nostro” ausiliare; non ci sappiamo controllare nel numero di quelle permesse giornalmente; sfasciamo come cellule terroristiche, letteralmente, le macchine che troviamo nella zona di caccia in cui siamo soliti reperire questa selvaggina, se poi andiamo all’estero per una settimana di caccia a questo meraviglioso essere che materializzandosi all’improvviso quasi ci spaventa col suo volo vigoroso. ce ne torniamo felici di averne abbattute 30-40 congelate – capito, surgelate (naturalmente consapevoli che se le abbatto lì, ma mettiamo 25 e di queste 25 la metà sono femmine, per un anno, ammettendo una sola covata, avrò in meno sul territorio dove migrano – e sappiamo che due o tre linee di migrazione passano dall’Italia – ne mancheranno almeno una cinquantina – le quali, come accennato, dovranno fare i conti con i cosiddetti “cacciatori” all’aspetto prima di mettere piede sul suolo italiano.
    Questi signori sanno conoscono le conseguenze dei loro gesti e questi signori sono conosciuti anche dai responsabili delle aree di caccia, da alcune autorità etc.
    Non parliamo poi di cosa sta succedendo nelle regioni in cui, dopo “addestramento”, si ammazzano le scrofe di cinghiale con i lattonzoli ancora attaccati: l’orrore della volgarità. Sì che anche questa cosa da contenitrice di un disastro annunciato è diventata a sua volta un imbarbarimento che non risolverà certo la questione esuberi di questo tipo di selvaggina. Ma come sappiamo di cinghiali puri in Italia non ce ne sono più, Secondo me dovremmo chiamarli maiali selvatici.

    Tutto ciò, però, se alla lunga sarà terreno di cultura per disastri peggiori, ha solo molto alla lontana a che vedere con quanto richiamavo nel messaggio precedente e cioè così come devono, proprio in senso di dovere morale, i cacciatori sapere il profondo perché fanno questo tipo di attività (non basta, a mio parere, sbandierare una generica passionaccia per questo meraviglioso “sport” – ancora volgarità-, no, il cacciatore deve specificare prima che ad altri a se stesso perché ha passione, qui inteso proprio come pathos, uno shock affettivo, emozionale, nel cacciare e uccidere la selvaggina, qual’è stato il percorso interiore, culturale, – venendo di nuovo al Sig Luigi, formativo-, che lo ha fatto decidere a intraprendere questa attività).
    Ha poco a che fare per più motivi anche se collegamenti ve ne sono sempre a livello personale però e ciò perché a livello delle azioni da intraprendere a causa dei numeri della popolazione che svolge quelle attività che ricordavo in rapporto al numero dei cacciatori in Italia non c’è storia neppure se questi ultimi fossero tutti così dannatamente ineducati. E’ su quei versanti, in quegli ambiti che si deve intervenire prima di tutto: mi devono restituire le rondini di settembre, le linee dell’orizzonte pulite, le acque guarite, le stagioni che hanno permesso ai millenni di mantenere il giusto numero di popolazione, devono darmi la possibilità di nutrirmi in modo sicuro, devono amministrare per permettermi di andare al lavoro con i mezzi pubblici, devono essere onesti come cerco di esserlo.
    Penso che non saprei comportarmi come loro, mistificatori, coatti del danaro: e qui, fatte quelle considerazioni, le devo dare ragione, Sig. Luigi, è proprio questione di educazione e di formazione: cioè di un imprinting e del suo mantenimento e affinamento nel tempo.

  • Luigi Fusco |

    Queste discussioni dovrebbero essere portate in parlamento e prese sul serio.Abbiamo un esercito di cacciatori non educati all esercizio di questa splendida passione e non è certo loro colpa.
    si esercita la caccia con una legislazione troppo vecchia.I paesi europei come la polonia hanno responsabilizzato i cacciatori che sono i primi tutori dell ambiente.È loro richiesto infatti di occuparsi di un dato territorio, risolvere i problemi dei cinghiali, istruire i giovani al rispetto della fauna.In Polonia si puo acquistare un fucile dopo il terzo anno di possesso del porto d armi.
    Ragazzi questo significa gestione responsabile del territorio.Parlo da cacciatore!lo stato devere rendere il cacciatore responsabile non insignificante prelevatore.Lo stato deve impedire la vendita dei richiami elettronici.Sappiamo quanto sono corrotte le Atc (forse non tutte) ma i conflitti di interessi sono la morte della caccia!…la chiusura della caccia non è la soluzione, basti pensare all emergenza cinghiali!
    c è bisogno di una totale riforma della caccia!

  • Luigi Fusco |

    Queste discussioni dovrebbero essere portate in parlamento e prese sul serio.Abbiamo un esercito di cacciatori non educati all esercizio di questa splendida passione e non è certo loro colpa.
    si esercita la caccia con una legislazione troppo vecchia.I paesi europei come la polonia hanno responsabilizzato i cacciatori che sono i primi tutori dell ambiente.È loro richiesto infatti di occuparsi di un dato territorio, risolvere i problemi dei cinghiali, istruire i giovani al rispetto della fauna.In Polonia si puo acquistare un fucile dopo il terzo anno di possesso del porto d armi.
    Ragazzi questo significa gestione responsabile del territorio.Parlo da cacciatore!lo stato devere rendere il cacciatore responsabile non insignificante prelevatore.Lo stato deve impedire la vendita dei richiami elettronici.Sappiamo quanto sono corrotte le Atc (forse non tutte) ma i conflitti di interessi sono la morte della caccia!…la chiusura della caccia non è la soluzione, basti pensare all emergenza cinghiali!
    c è bisogno di una totale riforma della caccia!

  • Pierluigi |

    Non so cosa fanno i miei colleghi quando entrano nella caccia. Non so cosa promuovano l’ISPRA e le Associazioni che Lei ha menzionato. Ho 68 anni e ancora detengo la passione che i miei zii mi hanno fatto conoscere come anche il vivo ricordo dell’ambiente fino agli anni 80.
    Provi Lei a far rispondere a questi enti se pensano davvero che ciò che propongono non appartiene ormai alla campagna elettorale che, iniziata già da un pezzo, corrompe ulteriormente i dati ammansendoli come si usa fare da sempre ai creduloni e alle persone che intendono schierarsi dalla parte del vincitore.
    Andando a portare fuori il mio cane da caccia tutte le mattine vedo e sento bene i cambiamenti, le mutazioni cui ha portato un equilibrio ambientale rotto già da tempo iniziato e continuato scientemente solo per il profitto in qualsiasi modo a qualsiasi costo.
    Per chi verrà dopo di me sono disposto a smettere di andare a caccia per sempre, a patto che lo stato mi dia la possibilità di verificare e controllare ciò che chiederei in cambio (la sua immaginazione ne sarebbe riempita e stupita?, ma sarebbero le stesse cose che chiederebbe lei per ripulirsi soltanto un po’): a partire dall’acqua, dal mangiare, dai veleni, dal cemento, dai farmaci, dalla mobilità particolata,..il rispetto.
    Ma lo sa che qui a Firenze, dove non ci sono incendi, dove l’acqua non manca, dove il cibo per gli animali è sovrabbondante, le rondini sono scomparse dal 10 di agosto? Quest’anno non ho visto neppure un pipistrello. Le assicuro che senza queste piccole cose vivo un profondo lutto interiore e non per la mia gioventù ormai lontana, ma per i miei figli ai quali sono state negate delle conoscenze millenarie.
    In 68 anni non ho memoria di una migrazione delle rondini iniziata ad agosto, il 10!
    Immagino, comunque, che lo stato risponda picche alle richieste di questi, solo per certe cose, svagati enti. Non vorrà mica che rinunci di sola tassa per il rinnovo del permesso del porto di fucile uso caccia a 78.000.000 di euro, stando stretti stretti? Lei pensi: ce li dovrebbe ridare tutti.
    E poi?, mi scusi ma proprio non posso stare zitto: ma quale cacciatore andrebbe a caccia nei territori incendiati?, ma cosa dicono della selvaggina da ripopolamento (che fra l’altro non curano minimamente distraendo i fondi per interessi loro) che è stressata. Quale selvaggina che non c’è, e se c’è è stata comprata negli allevamenti e buttata in pasto a volpi, tassi, faine, cinghiali e veleni.
    Coraggio, non guardiamo gli articoli di legge, ricominciamo la discussione su basi serie.

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