Se in Italia i farmaci veterinari costano molto di più di quelli per uso umano con lo stesso principio attivo, è perchè i prezzi vengono ‘decisi’ dal mercato, al contrario di quelli per l’uomo e con obbligo di ricetta. Ma ”le farmacie non hanno alcuna possibilità di intervenire sulle dinamiche commerciali del comparto”. A precisarlo sul suo sito è Federfarma, dopo le dichiarazioni fatte dall’associazione di difesa dei consumatori Codici alla commissione Sanità del Senato. L’elevato costo di tali prodotti, accusa Codici, ”impedisce l’effettiva tutela della salute degli animali, perché rende impossibile a molte persone l’acquisto dei farmaci necessari. I prezzi sono determinati dalle dinamiche del mercato, con dimensioni inferiori a quello dei medicinali umani e ripartito tra poche imprese, che sembra abbiano ogni interesse a tenere prezzi alti”. La presidente di Federfarma, Annarosa Racca, condivide ”l’analisi del Codici – commenta – e visto che in tema di prezzi prendersela con le farmacie sembra essere diventato lo sport nazionale, prevengo subito eventuali polemisti: in questa situazione le farmacie non c’entrano”. Come precisa Alfredo Orlandi, presidente del Sunifar (Sindacato unitario farmacisti rurali), ”dal nostro canale passa non più del 5% del mercato veterinario. Il resto è appannaggio dei rivenditori all’ingrosso, che riforniscono soprattutto i grandi allevamenti, e dei medici veterinari, che presidiano sia il mercato degli animali da reddito sia quello degli animali da compagnia”. Con una quota di mercato così esigua ”le farmacie possono soltanto inseguire – continua Orlandi – I ricarichi praticati dai titolari oscillano tra il 5 e il 10% al massimo, perché la pressione degli altri canali è pesante. Con i volumi di cui dispongono hanno una capacità contrattuale verso i produttori che noi non abbiamo”. (Ansa)
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