Dai primi elementi dell’inchiesta sulla morte del turista italiano 48enne e sul ferimento di un altro 69enne intervenuto in soccorso dell’amico nella zona di Marsa Alam, in Egitto, emerge che ad attaccarli è stato uno squalo tigre. Conosciuto con il nome scientifico di Galeocerdo cuvier, è lungo 2,5 metri ed è una specie che il ministero dell’Ambiente aveva posto sotto sorveglianza e tracciamento satellitare l’anno scorso dopo un incidente simile che ha riguardato un turista russo. Sotto sorveglianza erano stati messi tre tipi di squali del Mar Rosso: il tigre, il mako e l’oceanico. Lo squalo tigre, secondo le informazioni riportate su Wiki, è secondo solo allo squalo bianco negli attacchi mortali registrati sugli esseri umani, ma questi eventi sono ancora estremamente rari.
GLI ITALIANI NUOTAVANO IN ACQUE PROFONDE, DOVE NON E’ CONSENTITO
Lo squalo tigre si trova spesso vicino alla costa, principalmente nelle acque tropicali e subtropicali di tutto il mondo mentre nel Mediterraneo sarebbe stato avvistato raramente. Le indagini confermano anche che i due turisti italiani erano entrati in acque profonde, in una zona in cui non è consentito nuotare. Circostanza smentita, però, da testimoni oculari. Secondo l’imprenditore egiziano, Naguib Sawiris, uno degli uomini più ricchi d’Africa, a causare l’incidente sono state le barche da pesca commerciali che hanno scaricato i loro rifiuti in mare, attirando lo squalo. In un messaggio su X, Sawiris afferma che la pesca commerciale dovrebbe essere vietata in questa zona turistica e ha sottolineato che i ricavi del settore sono più importanti delle barche che distruggono la barriera corallina.
LA FIGLIA DEL SOCCORRITORE: MIO PAPA’ NON AVEVA VISTO LO SQUALO
Cristina, la figlia del 69enne Giuseppe Fappani, l’uomo attaccato da uno squalo a Marsa Alam in Egitto, ha raccontato l’accaduto a Rtl 102.5. Il padre “sicuramente non si è buttato dal pontile per distrarre lo squalo, in quanto non lo aveva proprio visto”. Come tutte le mattine, ha aggiunto, era in acqua a fare snorkeling: “Mia madre mi ha detto che ad un certo punto ha sentito urlare ‘aiuto’, ma assolutamente non ha visto lo squalo, ha pensato più a un malore di Gianluca Di Gioia. Si è avvicinato per prestare soccorso al ragazzo ed è stato trascinato sott’acqua dallo squalo. Lì si è reso conto di quello che stava succedendo”. I due, ha precisato, “non si conoscevano, solo di vista all’interno del villaggio”. Quanto al fatto che i due turisti fossero oltre la zona di balneazione, la donna ha convenuto che “sicuramente le autorità egiziane sono più esperte di noi, mio padre va in Mar Rosso da molti anni e da quello che ho capito si trovava nella zona di balneazione. Quanto si sia spinto per salvare Di Gioia non glielo so dire. Sicuramente staranno facendo gli accertamenti in Egitto”. (post aggiornato con la smentita dei testimoni oculari e con la testimonianza della figlia del 69enne)
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