Sale la preoccupazione tra i responsabili sanitari Usa e gli esperti dopo il terzo caso accertato nell’ uomo di influenza aviaria contratta da una mucca. Pur tentando di bloccare allarmismi e ribadendo che il rischio per le persone di contrarre il virus H5N1 e’ ancora basso, gli scienziati iniziano ad esprimere dubbi sulle possibilita’ di contenere la diffusione dei contagi, in particolare per l’apparire di sintomi respiratori, per la prima volta, nel terzo uomo contagiato lavorando in un allevamento di bovini. Con 67 allevamenti di mucche da latte in nove stati Usa in cui e’ stato identificata la presenza dell’ H5N1, i Cdc hanno osservato in una nota che “data la diffusione negli allevamenti di vacche dell’aviaria non sarebbe una sorpresa se si manifestassero nuovi casi tra persone con una alta esposizione agli animali”.
PER I PRIMI DUE CONTAGIATI SOLO OCCHI ROSSI E SINTOMI INFLUENZALI
Lo stesso vice direttore dei Cdc, Nirav Shah, ha ammesso: “La presenza di una sintomatologia del sistema respiratorio nel terzo contagio umano ci dice che il pericolo di esposizione al virus e’ piu’ alto. E’ chiaro che se qualcuno tossisce e’ piu’ facile che trasmetta il virus rispetto a chi, pur avendo contratto il H5N1, ha solo un infezione agli occhi”. I due contagiati precedenti infatti avevano solo sintomi e arrossamenti oculari, peraltro superati. A lamentare la lentezza nel mettere in atto misure di contenimento e’ stato Rick Bright, noto virologo, esperto di pandemie e bio-difesa, ex capo del dipartimento per lo sviluppo di ricerche bio-mediche del ministero della sanita’ Usa: “Le nostre preoccupazioni si stanno rivelando vere – ha dichiarato ai media – non ci sono ancora misure appropriate in atto, come l’ avviamento di test piu’ diffusi su persone e mucche e non c’e’ uno scambio di informazioni adeguato”. (Ansa)
Su 24zampe: In Turchia proposta l’eutanasia per i cani dei canili e per i randagi