Come liberare un’orca 57enne che da oltre mezzo secolo vive in cattività? Quale futuro la attenderebbe in mare aperto? Sono le domande che si pongono i sostenitori di Lolita, l’orca assassina che per oltre cinquant’anni si è esibita per il pubblico nelle vasche del parco acquatico Miami Seaquarium e ora in procinto di tornare libera. La struttura ha rinunciato ufficialmente all’orca e il sogno di molti è di vederla ritornare in natura ma il piano per realizzarlo è ambizioso. Lolita – nota anche come Tokitae, o Toki – ha 57 anni, è nata libera ma dal 1970, quando è stata catturata al largo di Whidbey Island, stato di Washington, è prigioniera a Miami. Uno dei dubbi più grandi rispetto a una sua reimmissione in natura è quanto accaduto all’orca Keiko – la star del film “Free Willy” – più di due decenni fa. Il ritorno di Keiko nella nativa Islanda ha sicuramente migliorato la sua vita, trascorsa in cattività a Città del Messico. Ma poi non è riuscito ad adattarsi alla natura selvaggia ed è morto cinque anni dopo, neppure trentenne. È l’unica orca liberata dopo una lunga prigionia e la sua eredità pesa.
This vid was taken on Apr. 2, 2023 above the Miami Seaquarium Whale Bowl, home to Tokitae (orca) and Li’i (pacific white sided dolphin). Sadly, they are no longer on public display as tank and water conditions dangerously deteriorate. They need to be rescued before it’s too late. pic.twitter.com/n5LeIWSTKB
— Phil Demers (@walruswhisperer) April 6, 2023
IL PRECEDENTE DI KEIKO-FREE WILLY
Lolita avrebbe due grossi vantaggi su Keiko. E’ stata catturata a quattro anni – l’altro a meno di due -, quindi potrebbe conservare una memoria della vita selvaggia e di come procacciarsi il cibo autonomamente. Inoltre, si conosce la sua famiglia di origine e forse addirittura potrebbe essere viva la madre, vicina ai cent’anni. La balena ritenuta la madre di Lolita è la matriarca di “L-pod”, uno dei tre clan che compongono le cosiddette orche assassine residenti del sud, una popolazione geneticamente e socialmente distinta di una settanina di individui che frequenta il tratto di Oceano Pacifico noto come Salish sea, tra Washington e la Columbia Britannica. Riunirla alla sua famiglia è “il” sogno: se realizzabile, si vedrà. Il passo iniziale è comunque di portare Lolita-Toki in un santuario delle balene in zona, per posizionarla in un recinto a rete di 60mila metri quadrati, circa un paio di campi da calcio, dove sarebbe stata assistita 24 ore su 24. E intanto valutare le sue condizioni.
COME SPOSTARE UN CETACEO DA 2,5 TONNELLATE
“Il primo obiettivo è fornirle la massima qualità di vita possibile”, ha detto ad Ap Charles Vinick, fondatore dell’organizzazione no profit Friends of Toki e direttore esecutivo del Whale Sanctuary Project. Anche spostare un cetaceo da 2.5 tonnellate da un estremo all’altro d’America non è uno scherzo. Bisognerà, con una gru, sistemare Lolita su una gigante barella. Il primo tratto del viaggio sarà percorso su un aereo cargo, in una vasca d’acqua (dolce, per problemi di sicurezza aerea), poi su una chiatta fino al Pacifico, dove l’area adatta sarà stata nel frattempo individuata. Qui Lolita dovrà prendere peso e dimostrare di acquisire le doti necessarie a vivere in una natura che costringe il branco a percorrere 160 km al giorno per nutrirsi. Per un esemplare che invecchia e per una specie in pericolo un compito non semplice.
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