“Siamo stati costretti a chiudere il Centro di recupero delle tartarughe marine di Lampedusa. Una realtà che era presente sull’Isola da 33 anni, nella quale si sono susseguiti, negli anni, volontari provenienti da diverse parti del mondo: dagli Stati Uniti, Nuova Zelanda, e da svariate parti d’Italia. Venivano tutti qui, a proprie spese, per cercare di contribuire alla salvaguardia di questa specie. Purtroppo però i costi della struttura, privata, sono diventati sempre più proibitivi. Circa 9mila euro al mese tra affitto e costi di gestione. Non abbiamo retto più”. Così Daniela Freggi, presidente dell’associazione Caretta Caretta ed ex direttore del centro di recupero delle tartarughe marine di Lampedusa, parlando in seguito alla chiusura del centro avvenuta nel mese di febbraio, ma della quale l’associazione ha deciso di parlare solo oggi. Adesso le ultime degenti della struttura sono state trasferite in un centro situato nel comune di Cattolica Eraclea, in provincia di Agrigento, gestito sempre dall’associazione Caretta caretta, grazie al contributo del comune di Agrigento.
FREGGI: “IL SINDACO VORREBBE AIUTARCI MA NON HA FONDI”
“A Lampedusa non c’è mai stato nessuno degli operatori turistici dell’isola che abbia deciso di aiutarci – prosegue – eppure le tartarughe sono sempre state e sono considerate, ad oggi, un simbolo per l’isola, anche dal punto di vista economico. Abbiamo avuto diverse interlocuzioni con il nuovo sindaco di Lampedusa, il quale ci ha concesso di custodire le attrezzature mediche dell’ex ospedale in un magazzino. Il sindaco vorrebbe fare qualcosa e apprezziamo il suo sforzo, ma non può muovere i fondi perché il bilancio non è stato ancora approvato. Purtroppo le tartarughe sono all’ultimo posto. Servirebbe che il comune ci concedesse uno spazio in regola, un vero e proprio ospedale per tartarughe marine a Lampedusa, dove poter proseguire con il nostro operato. Servirebbe uno spazio che custodisca una sala chirurgica, una cucina, laboratorio di analisi e una sala radiologica e dove ovviamente sia tutto a norma. Speriamo in un miracolo, ma non smettiamo di crederci”, conclude la Freggi. (LaPresse)
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