Lo Zimbabwe trasloca 2.500 animali selvatici per salvarli dalla siccità

Circa 400 elefanti, 2mila impala, 70 giraffe, 50 bufali, 50 gnu, 50 zebre, 50 antilopi, 10 leoni e un branco di 10 licaoni sono gli animali selvatici che saranno trasferiti in Zimbabwe da una riserva meridionale a una nel nord del paese per salvarli dalla siccità. Il trasloco è iniziato in questi giorni, per oltre 2.500 animali selvatici si cerca una soluzione più sicura poiché le devastazioni del cambiamento climatico hanno sostituito il bracconaggio come la più grande minaccia per la fauna selvatica. Il “Progetto Rewild Zambezi”, spiega la Zimbabwe National Parks and Wildlife Management Authority all’Ap, sposterà gli animali in un’area nella valle del fiume Zambesi perchè la mancanza di acqua ha inaridito il loro habitat più a sud. Un elicottero raduna migliaia di impala in un recinto. Una gru posiziona elefanti sedati a testa in giù nei rimorchi. I ranger guidano altri animali in gabbie di metallo e un convoglio di camion inizia un viaggio di circa 700 chilometri per portarli nella loro nuova casa. Gli animali sono trasferiti dalla Save Valley Conservancy a tre riserve nel nord dello Zimbabwe: Sapi, Matusadonha e Chizarira.

L’OPERAZIONE SERVE A EVITARE UN DISASTRO

L’agenzia dei parchi ha rilasciato i permessi per consentire agli animali di essere spostati per evitare che “si verificasse un disastro”, spiegano. “Molti dei nostri parchi stanno diventando sovrappopolati e c’è poca acqua o cibo. Gli animali finiscono per distruggere il loro stesso habitat, diventano un pericolo per se stessi e invadono gli insediamenti umani vicini per il cibo provocando un conflitto incessante”, dicono all’Authority. Scartata l’opzione dell’abbattimento per ridurre il numero di animali selvatici a causa delle proteste dei gruppi di conservazione, lo Zimbabwe ha scelto il trasloco di massa. Un aiuto organizzativo è arrivato dalla Great Plains Foundation, un’organizzazione senza scopo di lucro che lavora “per conservare ed espandere gli habitat naturali in Africa attraverso iniziative di conservazione innovative”, secondo il suo sito web. Oltre a esperti locali collaborano il Center for Environmental Forensic Science dell’Università di Washington-Seattle e il Dipartimento di Zoologia dell’Università di Oxford.

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