In alcune zone della Sardegna gli allevatori si sono lamentati per i danni provocati dal cervo sardo e l’assessore regionale all’Ambiente ha ipotizzato di riaprire la caccia per risolvere il problema. Tra chi si è subito opposto a questa soluzione estrema c’è l’associazione ambientalista “Gruppo di intervento giuridico”, che ha lanciato una raccolta firme. “In un paio di settimane la petizione popolare per la salvaguardia del Cervo sardo ha superato le 27 mila sottoscrizioni – spiega il presidente Stefano Deliperi, ma nel frattempo il conteggio è salito a oltre 28mila -. Migliaia e migliaia di cittadini che vogliono difendere uno degli animali-simbolo della Sardegna e del Mediterraneo da un’ottusa politica ambientale intrisa di penosi interessi elettorali e venatori”.

“SOTTOSPECIE ENDEMICA CHE TENTA DI SFUGGIRE AL RISCHIO ESTINZIONE”

L’associazione ambientalista ricorda che “il cervo sardo (cervus elaphus corsicanus) è una sottospecie endemica della Sardegna e della Corsica del Cervo europeo (cervus elaphus) e, solo dopo gli ultimi decenni di protezione, sta riuscendo con fatica a sfuggire al destino dell’estinzione a causa del bracconaggio, della distruzione degli habitat, degli incendi”. Nonostante questa situazione l’assessore all’Ambiente, Gianni Lampis, ha parlato di aprire la caccia per limitare i danni che si stanno verificano nelle zone di Arbus (Sud Sardegna) e Laconi (Oristano). “Se davvero così fosse – precisano dal Grig, Gruppo d’intervento giuridico, rilanciando la petizione sulla piattaforma change.org -, gli esemplari riconosciuti in eccesso potrebbero esser trasferiti in altre aree dell’Isola (o della Corsica) già verificate quali idonee, così com’è stato fatto in questi decenni per far riprendere salute alla sottospecie”.

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