Gli agricoltori di Cia chiedono una riforma radicale della legge sulla fauna selvatica per affrontare un problema ormai fuori controllo, tra danni milionari ad agricoltura e ambiente, rischio malattie, incidenti stradali e minacce alla sicurezza dei cittadini anche nelle aree urbane. Il documento è stato presentato a Camera e Senato da Cia-Agricoltori Italiani per aggiornare una legislazione del 1992 (legge 157/92: Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, anche conosciuta come “legge sulla caccia”) obsoleta e totalmente carente sia sul piano economico che su quello ambientale. Indica i sette punti chiave per far fronte all’invasione di animali selvatici, a partire dai cinghiali, passati da 50 mila capi in Italia nel 1980, ai 900 mila nel 2010 fino ad arrivare a quasi 2 milioni nel 2019. A loro si deve la responsabilità dell’80% dei danni all’agricoltura che, secondo le Regioni, quelli accertati, ammontano a 50-60 milioni di euro l’anno dal 2010 a oggi. Per Enpa “la proposta della Cia è una controriforma inaccettabile. Vogliono un popolo di cacciatori in armi, siamo pronti a una opposizione durissima”. “Quella proposta oggi dalla Cia – scrive la Protezione animali – non è una riforma ma una controriforma il cui unico obiettivo è di smantellare i cardini su cui si regge una buona normativa, la legge 157/92, che ha permesso al nostro Paese di fare un salto di qualità nella protezione della biodiversità. In realtà l’associazione degli agricoltori non vuole né che si prevengano situazioni problematiche né che si migliori la convivenza con i selvatici. A leggere le loro proposte, la Cia vorrebbe un ‘popolo di cacciatori in armi’, intento a perseguitare, 24 ore al giorno, daini, cinghiali, volpi, nutrie”. “Sollecitiamo le istituzioni ad agire tempestivamente, utilizzando il nostro progetto di riforma come base di discussione – fa sapere ancora il presidente Cia, Dino Scanavino – per arrivare a una nuova normativa più moderna ed efficace. L’eccessiva presenza soprattutto di ungulati, sta rendendo davvero impossibile in molte aree l’attività agricola con crescenti fenomeni di abbandono ed effetti negativi sulla tenuta idrogeologica dei territori”. A dover essere modificata, secondo Cia, è la finalità di fondo indicata già nel titolo della legge, passando dal principio di protezione a quello di gestione della fauna selvatica, visto il sopra numero di alcune specie che spesso diventano addirittura infestanti. Un riforma molto attesa dal territorio che si sta mobilitando con diverse iniziative sul tema in tutte le Regioni. (Post in aggiornamento con le reazioni animaliste alla proposta di Cia-Agricoltori Italiani)
I SETTE PUNTI
Sono sette i punti chiave indicati da Cia-Agricoltori italiani per aggiornare e riformare la legge 157/92 sugli animali selvatici.
- Sostituire il concetto di protezione e conservazione con quello di gestione della fauna selvatica: se nel passato a prevalere era il rischio di estinzione di alcune specie, oggi occorre trovare un equilibrio con le caratteristiche ambientali, ma anche produttive e turistiche dei diversi territori.
- Ricostituire presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato tecnico faunistico venatorio, a cui dare le competenze oggi divise in diversi ministeri.
- Distinguere le attività di gestione della fauna selvatica da quelle dell’attività venatoria, garantendo l’effettiva partecipazione del mondo agricolo a tutela delle proprie attività; le procedure di programmazione devono essere semplificate e armonizzate con le Direttive europee.
- Non delegare le attività di controllo della fauna selvatica all’attività venatoria, ma prevedere la possibilità di istituire personale ausiliario, adeguatamente preparato e munito di licenza di caccia, per essere impiegato dalle autorità competenti in convenzione.
- Rafforzare l’autotutela degli agricoltori sui propri terreni, in modo che siano autorizzati ad agire in autotutela, con metodi ecologici, interventi preventivi o anche mediante abbattimento.
- Prevedere un risarcimento totale del danno subito dagli agricoltori causato da animali di proprietà dello Stato, superando la logica del ‘de minimis’, con procedure e tempi omogenei sul territorio, con la gestione affidata alle Regioni.
- Rendere tracciabile la filiera venatoria per la sicurezza e la salute pubblica, partendo dalla presenza di centri di raccolta, sosta e lavorazione della selvaggina idonei e autorizzati in tutte gli areali di caccia.