Pelliccia di orso bruno per il cappello e pelle di capriolo per la faretra: l’ultimo segreto di Oetzi è stato chiarito dall’analisi del Dna. Finora non era affatto chiara l’origine di abiti ed equipaggiamento della mummia del Similaun. I risultati dello studio, guidato da Niall O’Sullivan, dell’Accademia Europea di Bolzano (Eurac), e pubblicato su Scientific Reports, dimostrano che Oetzi non praticava solo la pastorizia, ma andava anche a caccia di animali selvatici. Il ritrovamento nei ghiacci del corpo mummificato di Oetzi, un uomo di circa 40 anni, vissuto 5.300 anni fa, ha permesso di aprire una finestra sul mondo degli uomini preistorici che popolavano l’Europa nel periodo dell’età del rame. In quasi 20 anni di studi, le analisi dei resti hanno permesso di ricostruirne la dieta, lo stile di vita, le abitudini e molti dettagli sugli strumenti usati all’epoca. L’origine dei vestiti e dell’equipaggiamento rimaneva però ancora poco chiara e per far chiarezza i ricercatori sono andati alla ricerca di tracce di Dna mitocondriale nei resti dei vestiti. I risultati indicano che la maggior parte dell’abbigliamento proveniva da specie addomesticate (pecore, mucche e capre), mentre il copricapo era fatto con pelliccia di orso e la faretra con pelle di capriolo. Il ‘cappotto’ era formato da una combinazione di 4 diverse pelli di capra e pecora, il che fa supporre che fosse stato cucito in modo piuttosto casuale, sulla base dei pezzi disponibili. I gambali erano composti solamente con pelle di capra, probabilmente un materiale scelto in modo specifico per questo capo d’abbigliamento. I dati dimostrano che il gruppo a cui apparteneva Oetzi non era dedito solamente alla pastorizia, ma era anche in grado di praticare la caccia e catturare animali selvatici. (Ansa. Nella foto, la ricostruzione fatta dai ricercatori dei brandelli ritrovati sulle Alpi)