Oggi al Senato è il giorno del “canguro”, protagonista indiscusso in queste ore dello scontro sul ddl Cirinnà sulle Unioni civili (dove per la cicogna, non sembra esserci spazio!). Per la sua formidabile capacità di salto, il marsupiale è stato adottato dalla politica per indicare quella prassi parlamentare taglia-tempi, che consente con un solo voto di eliminare tutti gli emendamenti, non solo quelli uguali ma anche quelli di contenuto analogo: una volta approvato o bocciato il primo, decadono tutti gli altri.
Sempre oggi, Beppe Grillo (foto Ansa/Francesca Chiri) è entrato al ristorante a Roma travestito da tigre per uscirne con una maschera da lupo: “Chi vuole un’intervista, si travesta”, ha detto ai giornalisti, aggiungendo “Il lupo va protetto… avete capito la metafora?”, facendo riferimento al contestato Piano del ministero dell’Ambiente. Ma tigri, lupi e canguri non sono i soli animali nello zoo della politica. Da sempre abitato da falchi e colombe, più di recente si sono aggiunti giaguari da smacchiare, “porcellum” da votare e gufi da… tacciare. Mesi fa si è persino affacciato sulla scena il “gambero”, ennesimo escamotage ostruzionistico partorito da Calderoli.
“Gli animali hanno sempre avuto grande fortuna nel linguaggio politico, ma oggi se ne fa un uso diverso rispetto al passato”, dice Michele Sorice, sociologo della comunicazione della Luiss di Roma ed esperto di linguaggio politico. “Siamo passati dai semplici appellativi della Prima Repubblica, con la balena bianca-Dc su tutti, all’utilizzo consapevole di immagini come il supercanguro: si tratta di pura spettacolarizzazione della politica ad uso e consumo dei media”. Che, come pesci, abboccano. #animalipolitici.