Dopo un mese e mezzo di completa latitanza, e a due dal misfatto, e’ tornato oggi al lavoro Walter James Palmer, il ricco dentista americano ormai bollato come il `killer di Cecil´, l’anziano esemplare maschio di leone che uccise di frodo il 6 luglio scorso nello Zimbabwe. Del resto lo aveva preannunciato lui stesso in un’intervista rilasciata l’altroieri a un quotidiano della sua citta’ adottiva, lo Star Tribune di Minneapolis, in cui tornava a protestarsi innocente, ne abbiamo parlato qui nel post di stamattina. Di Cecil ci siamo occupati su 24zampe qui e qui, dove è ricostruita giorno per giorno tutta la vicenda.
Vestito in stile sportivo (al centro nella foto REUTERS/Eric Miller), il 55enne odontoiatra con la fissazione dei safari e’ arrivato di buon mattino in auto al suo studio di Bloomington, sobborgo alla periferia sud della città piu’ grande del Minnesota. Ad attenderlo c’erano gia’ una nutrita squadra di poliziotti, una marea di giornalisti ma soprattutto un agguerrito drappello di manifestanti, turisti stranieri compresi: non tutti necessariamente animalisti, ma ognuno ben deciso a fargli capire che la sorte di Cecil non cadra’ nel dimenticatoio. «Assassino!», «Vattene da questa citta’!», «Basta con la caccia ai trofei!», erano solo alcune delle invettive con cui e’ stato accolto.
Per prudenza Palmer, originario del North Dakota, sposato e padre di due figli, ha preferito parcheggiare in una stazione di servizio sul lato opposto della strada: poi si e’ avviato a piedi verso lo studio senza dire una parola ne’ degnare di uno sguardo gli assedianti. All’ingresso ha pero’ trovato l’epiteto «Massacratore di leoni» tracciato sul muro con la vernice spray, e affissi alla porta diversi cartelli con sopra scritto «Giustizia per Cecil #estradizione» oppure «D’ora in poi con i tuoi soldi fai invece donazioni a favore degli animali in pericolo, a quanto pare ne hai un sacco»…
Nessuno tuttavia ha accennato a ricorrere alle vie di fatto, come in realta’ si temeva: forse per la presenza degli agenti, forse perche’ si era provveduto per tempo a piazzare una telecamera di sorveglianza. Quando Palmer ha oltrepassato la soglia, qualcuno gli ha ancora urlato dietro che gli augurava di «rimanere senza pazienti», poi tutto e’ finito. Per ora. Gia’ in agosto la sua villetta di vacanza in Florida aveva ricevuto le `attenzioni´ di ignoti contestatori, e il cacciatore resta pur sempre inseguito da una richiesta di estradizione presentata dalle autorita’ del Paese africano: che sia accolta e’ di fatto impossibile, ma adesso rischia guai penali anche negli Usa. Del resto, e’ recidivo. (Agi)