“La laurea in medicina veterinaria non dà più lavoro e si avvicina alla soglia di povertà dell’Istat. Se nessuno lo dice, ci prendiamo noi il compito di avvisare i ragazzi a pensarci molto bene prima di scegliere questa professione”. E’ questa la posizione shock dell’Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi), che ogni anno partecipa al tavolo ministeriale della programmazione universitaria. I dati al momento sono questi: ai test per l’iscrizione a Veterinaria del 9 settembre si sarebbero iscritti, secondo il Miur, 7.818 candidati, quasi 900 in più dell’anno scorso. E, ad oggi, non si sanno ancora con precisione quanti saranno i posti disponibili. Ma soprattutto, si chiede l’Anmvi, “sulla base di quale orientamento?”.
“Se altre professioni – continua l’associazione – hanno approntato prove attitudinali pre-test per verificare se la professione scelta corrisponda davvero alle aspettative, ai candidati veterinari, invece, non si dice che la domanda di prestazioni veterinarie è in calo”. Inoltre, “il mercato del lavoro è saturo e la professione veterinaria non è adeguatamente tutelata da forme di abuso penale e di concorrenza sleale”, secondo Anmvi. “Fatti veri, ma scomodi per Atenei che hanno bisogno di nuove matricole per non chiudere”, è la spiegazione che si dà l’associazione dei veterinari italiani.
Altri dati sulla professione, diffusi da Anmvi, sono drammatici: il 77% dei veterinari italiani è “costretto al lavoro autonomo, cioè ad aprire la Partita Iva, ad assumere rischi economici e a rassegnarsi, quando va bene, a redditi mensili a 3 cifre. Quel che è peggio è che la formazione universitaria è antistorica rispetto all’evoluzione veterinaria e della società. Lo dice la Commissione Europea”, conclude Anmvi.