Mentre molti delfini e focene muoiono nel Mar Nero, le autorità ucraine ne stanno documentando i decessi nella speranza di perseguire la Russia per i danni ambientali causati dalla guerra e in particolare Kiev punta a costruire un caso contro la Russia per ecocidio. Lo riporta il New York Times (Nyt), in un articolo a firma di un giornalista che scrive da Odessa, Marc Santora. Il Nyt spiega che al momento sono quattro i punti riconosciuti come crimini internazionali, cioè genocidio, crimini contro l’umanità, aggressione e crimini di guerra, ma che l’Ucraina vorrebbe aggiungerne un quinto, cioè l’ecocidio, e per prepararsi in tal senso sta conducendo anche autopsie sugli animali che compaiono a riva. “In questo momento stiamo sviluppando la strategia per il perseguimento dei crimini di guerra ambientali e dell’ecocidio”, ha dichiarato Maksym Popov, consigliere del Procuratore generale dell’Ucraina, che si occupa specificamente di questioni ambientali, precisando tuttavia che “non è ancora stata stabilita”. “L’ambiente è spesso definito la vittima silenziosa della guerra”, ha detto Popov, spiegando che l’Ucraina sta cercando di cambiare questa situazione, perché “l’ambiente non ha cittadinanza, non ha confini”.
MORTI CIRCA 900 DELFINI MA ANCHE MOLTE FOCENE
Sul numero di animali morti non ci sono cifre precise: Ruslan Strilets, ministro ucraino della Protezione ambientale e delle risorse naturali, ha dichiarato in un’intervista che gli investigatori ambientali hanno raccolto dati relativi a più di 900 casi di delfini morti, una cifra che comprende quelli trovati senza vita sulle coste dell’Ucraina, della Turchia e della Bulgaria, che si affacciano anch’esse sul Mar Nero, ma alla quale vanno aggiunte in ogni caso le focene. A dimostrazione dell’importanza che Kyiv sta attribuendo alla questione, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha incluso “l’immediata protezione dell’ambiente” nel piano di pace in 10 punti che l’Ucraina spera possa fornire una base per i negoziati per porre fine alla guerra.
I RISULTATI DI OGNI AUTOPSIA SUI DELFINI INVIATA IN OCCIDENTE
Per quanto riguarda le cause della moria, non si hanno al momento informazioni certe: Pawel Goldin, 44 anni, dottore in zoologia e specializzato in popolazioni di mammiferi marini presso il Centro scientifico ucraino di ecologia del mare, sottolinea che esplosioni, lanci di razzi e caccia russi a bassa quota possono provocare traumi nei delfini, ma avverte che è troppo presto per collegare direttamente la moria di delfini a una singola causa. Le mine marittime che disseminano le acque costiere rappresentano nuovi ostacoli mortali. Gli inquinanti provenienti da esplosivi e perdite di carburante, insieme a un assortimento di rottami legati alla guerra, hanno rovinato vaste aree della Riserva della Biosfera del Mar Nero, la più grande area protetta dell’Ucraina, classificata come “zona umida di importanza internazionale”. Il tutto mentre il prezzo ambientale della rottura della diga di Khakovka è ancora in fase di studio intensivo. Il New York Times scrive che sugli animali vengono effettuate delle autopsie e, dopo ognuna, l’Ucraina invia i campioni agli esperti dell’Università di Padova in Italia e dell’Università di Hannover in Germania per ulteriori analisi. Questo lavoro richiederà tempo, ha detto il dottor Goldin. Solo dopo la guerra, quando sarà possibile effettuare un’indagine su larga scala sulla vita marina nel Mar Nero, si potrà conoscere il vero bilancio. (LaPresse)
Su 24zampe: Palio di Siena, polemica degli animalisti dopo i due cavalli infortunati