L’associazione dei medici veterinari si rivolge al governo per chiedere di togliere gli animali da compagnia dal redditometro. Cani, gatti ma anche cavalli non sono possono essere considerati un indice di capacità contributiva. “L’articolo 10 del Decreto Dignità ha congelato il redditometro, lo strumento con il quale il Fisco accerta la capacità contributiva dei cittadini – scrivono i vets di Anmvi -. In vista dell’emanazione di un nuovo provvedimento, chiediamo al Vicepremier Luigi di Maio e al Ministro delle Finanze Giovanni Tria di togliere le spese per gli animali da compagnia, cavalli compresi, fra quelle che denotano ricchezza. Il possesso di un cane o di un gatto non è certo paragonabile a quello di uno yacht o di una fuoriserie. Eppure, il Fisco ha catalogato queste spese alla stregua di hobby di lusso”. Per l’associazione, inoltre, c’è “il rischio di disincentivare il possesso responsabile, a partire dalla microchippatura dell’animale, come già accaduto in passato”. L’Associazione nazionale dei medici veterinari ricorda che la Corte di Cassazione (sentenza del 23 luglio 2017) ha dato ragione al possessore di una cavalla d’affezione, finito nel mirino del redditometro. “La Commissione Tributaria presumeva, sbagliando in pieno, che per il solo fatto di possederla fosse economicamente in grado di sostenere spese elevate per il suo mantenimento: la Suprema Corte ha sentenziato che i cavalli detenuti senza finalità lucrativa – per affezione, compagnia e passeggiata – non possono essere considerati un indice di capacità contributiva”. Il nuovo provvedimento previsto dal Decreto Dignità “sia dunque l’occasione – conclude Anmvi – per sgombrare il campo da ogni equivoco, facendo definitivamente uscire le spese sostenute per il possesso di animali da compagnia dalla ricostruzione induttiva del reddito complessivo”.
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