L’ultimo sequestro è stato quello di Locate Varesino, giovedì scorso. Il canile del comasco era stato trasformato in pensione per animali domestici ma era privo dei minimi requisiti igienico sanitari. “Ospitava” cani e gatti, ma anche animali di specie protette dalla normativa Cites e persino una volpe. Eppure la provincia di Como non è una di quelle classicamente indicate a rischio randagismo e malaffare legato agli interessi della criminalità organizzata.
Invece la situazione del randagismo in alcune aree della Penisola continua ad essere una vera emergenza, con conseguente allarme sociale. Del resto, il giro d’affari che ingolosisce i delinquenti non manca. Secondo le stime Lav, ammonta “a circa 150 milioni di euro l’anno la spesa pubblica dei Comuni (e quindi dei cittadini) per il solo mantenimento dei cani ospitati nei canili italiani convenzionati con le Amministrazioni comunali. Questo perchè la tariffa media per ogni cane in canile corrisponde a circa mille euro l’anno. Tale cifra, moltiplicata per la media di 7 anni di permanenza in canile, raggiunge dunque i 7mila euro per ciascun cane dal suo ingresso nella struttura fino alla morte”.
In questo contesto gli animali d’affezione rappresentano un grande affare e attirano gli appetiti di malavitosi, affaristi e imbroglioni. Secondo i dati raccolti nel rapporto “Zoomafia 2015” della Lav, sono circa sette i canili, con centinaia di cani, sequestrati nel corso del 2014 per reati che vanno dalla truffa al maltrattamento all’esercizio abusivo della professione di veterinario. Il Rapporto precedente, riferito all’anno 2013, riportava circa 11 i canili, per un ammontare di circa 1.700 cani, sequestrati nel corso del 2013 sempre per i reati di truffa, maltrattamento e esercizio abusivo della professione di veterinario.
Nota Ciro Troiano, il criminologo della Lav responsabile del Rapporto Zoomafia, che “il reato di abbandono di animali, come i dati delle procure dimostrano, è scarsamente contestato. Una delle cause è sicuramente la sua difficile applicazione dovuta alla natura stessa del reato: in pratica occorre la flagranza o la presenza di prove testimoniali o documentali inoppugnabili. Intanto, in assenza di una seria politica di prevenzione e di contrasto, il randagismo continua ad essere un’emergenza al Sud”.