Avvelenamento da sorgo selvatico, 13 vacche morte in Veneto

E’ stato un avvelenamento da sorgo selvatico a causare un’intossicazione acuta di massa in un gruppo di 55 bovini, di cui 13 animali sono morti a inizio mese a Gambugliano (Vicenza). La conclusione giunge al termine delle analisi dei veterinari dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) e dell’Ulss 8 Berica. L’episodio risale allo scorso 3 luglio: le mucche da latte, appartenenti a un’azienda agricola, dopo circa un’ora di pascolo in un prato hanno mostrato sintomi neurologici acuti con barcollamento e tremori, debolezza e irrigidimento degli arti. A titolo precauzionale il servizio veterinario di sanità animale dell’Ulss 8 Berica ha fatto spostare dal pascolo gli animali in grado di muoversi autonomamente, e ha disposto la sospensione della consegna del latte prodotto nell’azienda agricola. I veterinari dell’IZSVe e dell’Ulss hanno poi constatato il decesso dei 13 bovini. Gli esami tossicologici effettuati su campioni biologici hanno escluso avvelenamenti, quindi il sospetto diagnostico si è orientato sull’ingestione di piante tossiche.

C’ERA ABBONDANZA DI “SORGHETTA” NELL’AREA DI PASCOLO: IN CASO DI SICCITA’ PUO’ DIVENTARE TOSSICA

Nell’area del pascolo è stata quindi riscontrata la presenza di un gran numero di piante di sorgo selvatico, noto anche come “sorghetta”, che può evidenziare, in caso di siccità, eccesso di nitrati nel terreno, presenza di insetti o altre situazioni che ritardano la crescita e lo sviluppo della pianta, e può accumulare una sostanza detta ‘durrina’, che può liberare acido cianidrico. Dalle analisi chimiche effettuate dall’Arpav sulle piante di sorgo selvatico del pascolo è emersa la presenza di una bassa quantità di cianuri, inferiore alla dose prevista dal Piano Nazionale Alimentazione Animale 2022-2023. Visto che gli altri bovini coinvolti nell’episodio si sono completamente ristabiliti, secondo i veterinari i giorni trascorsi dall’evento sono un tempo adeguato per lo smaltimento di eventuali residui da parte dell’organismo, il che porta ad escludere un processo di accumulo di un’eventuale sostanza tossica. Le autorità sanitarie hanno così potuto riammettere il latte prodotto dall’azienda agricola alla trasformazione casearia, e hanno stabilito un periodo di monitoraggio per consentire agli animali un ritorno al pascolo in sicurezza. (la foto in alto si riferisce a un episodio simile, in Piemonte)

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