Torturati per anni, ridotti in schiavitù, esposti nei circhi ma anche in minuscole gabbie nei ristoranti, negli hotel e persino nelle stazioni di rifornimento, come “attrazioni” per i clienti, costretti a eseguire numeri da baraccone e spesso resi dipendenti dall’alcol. Gli orsi di Zhytomyr, in Ucraina, ora vivono in un rifugio con a disposizione un grande spazio, alberi sui quali arrampicarsi, un piccolo laghetto dove tuffarsi, compagnia di animali simili e una relativa libertà, seppure in un recinto. Del resto, le condizioni nelle quali hanno vissuto la vita precedente li ha resi incapaci di vivere liberi in natura: spesso sono animali malati, con deformazioni fisiche e turbe mentali. Se adesso la loro condizione è migliorata è merito di Four Paws, un’associazione internazionale di tutela dei diritti degli animali che nei giorni scorsi, a Kiev, ha siglato con le autorità ucraine un memorandum per rendere operativo il bando alla cattività degli orsi nel paese. Presto l’oasi di Zhytomyr, aperta nel 2012 a circa 150 chilometri dalla capitale, nel nordovest dell’Ucraina, e un altro santuario per orsi in fase di costruzione a Domazhyr, vicino a Lviv, saranno in grado di soccorrere e accogliere i circa 120 esemplari che si stimano ancora “prigionieri” nel paese, venti dei quali utilizzati per addestrare cani da caccia. Nelle foto di Sergei Supinsky/Afp, sopra e sotto, gli orsi di Zhytomyr.