Mammut e uri, i buoi primigeni, a spasso per i prati e piccioni viaggiatori che incrociano sopra le nostre teste. Non è fantascienza ma Jurassic Park che si prepara a diventare realtà. Sembra essere partita la corsa per riportare in vita gli animali estinti. Le prime specie che potrebbero rinascere sono il mammut lanoso, scomparso 4mila anni fa, e il piccione migratore, che si è estinto agli inizi del ‘900. Lo riporta Science sul suo sito: queste specie potrebbero aiutare a ripristinare una sorta di equilibrio ecologico nel pianeta. Ma come? Le strade per farle ritornare sulla Terra sono almeno tre: incroci “a ritroso”, clonazione e ingegneria genetica basata sul taglia-incolla del Dna. “Lo scopo di queste ricerche è ricostruire gli antichi equilibri che sono stati alterati, quasi sempre per effetto dell’uomo”, ha spiegato Donato Matassino, presidente del Consorzio per la Sperimentazione Divulgazione e Applicazione di Biotecniche Innovative (ConSDABI) di Benevento. Il ricercatore coordina il progetto europeo per riportare in vita il papà dei bovini domestici, cioè l’uro (Bos primigenius primigenius). “L’uro – ha detto Matassino – manteneva in equilibrio il suo ambiente e le risorse alimentari del pascolo, perché lo calpestava e impediva ai cespugli di crescere”. In natura ogni animale ha una funzione, e quando scompare, l’ambiente ne risente. Lo stesso per il mammut. Con la scomparsa di questo pachiderma, è cambiato il paesaggio artico: la prateria si sarebbe trasformata nella tundra di oggi. Anche con l’estinzione dei piccioni migratori, le foreste del Nord America non sono state più le stesse. “Le querce bianche, per esempio, hanno perso chi disperdeva i loro semi”, spiega chi guida il progetto per far rinascere questo volatile. Entrambi gli animali sono in cima alla lista dell’università della California delle specie estinte che potrebbero essere più utili al pianeta. Si proverà a riportarli in vita grazie al taglia e incolla del Dna, ossia la Crispr: si tratterebbe di estrarre il Dna di questi animali estinti, selezionare alcuni geni cruciali, responsabili delle caratteristiche principali delle specie, e trasferirli nel Dna di un loro parente molto vicino. Questo approccio non produce copie geneticamente identiche agli animali estinti, ma un animale simile nell’aspetto e nel comportamento. Altri esperimenti per tentare di riportare in vita animali estinti utilizzano gli incroci a ritroso e la clonazione. I primi sono stati scelti per tentare di far rinascere l’uro, e consistono nel trovare le specie viventi che hanno caratteristiche simili a quelle estinte e farle incrociare, fino a ottenere la versione che assomiglia di più all’animale scomparso. La clonazione, invece, è stata usata per riportare in vita lo stambecco dei Pirenei, anche se il cucciolo è morto poco dopo la nascita. Si tratta di prelevare una cellula dalla carcassa di un animale estinto, estrarne il nucleo e quindi trasferirlo nella cellula uovo di un parente vicino, privata del nucleo. In Corea del Sud, c’è un’azienda specializzata che per circa 100mila dollari è in grado di clonare un cane. Ne abbiamo scritto qui su 24zampe.