Lipu: l’aquila reale Ermes avvelenata da topicida nel Parmense

Un giovane esemplare di aquila reale, nato quest’anno nell’Appennino parmense, è morto dopo aver ingerito un boccone imbottito di topicida. Lo annuncia la Lipu, che tre mesi fa aveva ritrovato l’esemplare debilitato e che poi, dopo due mesi, lo aveva liberato nei pressi del nido, sulla parete rocciosa nel Comune di Monchio delle Corti, nel cuore dell’Appennino parmense. Il corpo di Ermes, questo il nome attribuito dalla Lipu alla giovane aquila reale, è stato individuato grazie un dispositivo satellitare applicato sul dorso dell’animale e in grado di indicarne gli spostamenti. Una morte, quella di Ermes, che insieme a quella dell’orso Elisio in Slovenia e a quella del lupo sembra avvelenato in Calabria ha fatto parlare il Wwf di “venerdì nero per la natura“.

LA STORIA DELL’AQUILOTTO REALE ERMES

Ermes fu ritrovato in difficoltà lo scorso 18 agosto da un gruppo di residenti del paese di Casarola, nel Comune di Monchio delle Corti (in provincia di Parma). Consegnato alla Lipu di Parma, il rapace viene curato in una struttura veterinaria di Reggio Emilia e in seguito riabilitato al volo nel centro Wwf di Vanzago, in Lombardia. Il rientro a Parma avviene il 31 agosto, quando alla giovane aquila vengono decolorate due penne dell’ala destra e due timoniere della coda in modo da renderlo riconoscibile in volo. Sul dorso gli viene inoltre applicata una radio satellitare.

DOPO LA LIBERAZIONE ERA TORNATO CON I GENITORI

La liberazione in natura avviene lo scorso 1° settembre, nei pressi del nido, sulla parete rocciosa che sovrasta Casarola e la vicina Riana. Dopo alcuni giorni Ermes viene raggiunto dai genitori che lo prendono in consegna fino agli ultimi, tragici giorni di novembre. “Un grande sforzo durato mesi, e vanificato da un gesto sconsiderato e criminale – dichiara il consigliere nazionale della Lipu Michele Mendi -. I Carabinieri forestali stanno indagando per cercare di individuare i responsabili del folle gesto. Temiamo ora anche per la sorte dei genitori, che potrebbero aver ingerito parti dello stesso boccone”. (foto Michele Mendi/Lipu)